Una scelta d’amore

«Mi chiamo Luigi Ilardo, sono nato a Catania il 13 marzo del 1951, attualmente ricopro l’incarico di vice rappresentante provinciale di Caltanissetta, coprendo anche l’incarico di provinciale in luogo di Domenico Vaccaro, detenuto»

luigi ilardo

Queste sono le prime parole che leggiamo nelle trascrizioni dei nastri, eseguiti dai Ros, che il colonnello Riccio raccolse da Ilardo a cui fece seguito un articolato e profondo pensiero rivolto a spiegare le ragioni del suo pentimento che lo portano a definire Cosa nostra “una macchina di morte, di tragedie e di tante menzogne”. Luigi Ilardo è una figura di rilievo nella storia della lotta contro la mafia, non solo per il suo ruolo all’interno di Cosa Nostra, ma soprattutto per il coraggio di abbandonare quell’organizzazione e iniziare a collaborare con le autorità. Ilardo ha vissuto dall’interno l’evoluzione di Cosa Nostra, testimoniando come questa si sia trasformata in una “macchina di morte”, tradendo i principi su cui si era fondata nelle generazioni precedenti. Il suo percorso di pentimento non è solo un atto di ribellione contro l’organizzazione, ma rappresenta anche una profonda presa di coscienza personale, in cui la famiglia e il desiderio di normalità diventano i motori principali della sua decisione di cambiare vita. Questa trasformazione è accentuata dal contesto in cui avviene: la prigione, l’isolamento, e la consapevolezza di aver sacrificato gli affetti più cari in nome di un codice d’onore che, nel tempo, ha rivelato tutta la sua brutalità e ipocrisia.

Luigi Ilardo con le figlie
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Queste sono le prime parole che leggiamo nelle trascrizioni dei nastri, eseguiti dai Ros, che il colonnello Riccio raccolse da Ilardo a cui fece seguito un articolato e profondo pensiero rivolto a spiegare le ragioni del suo pentimento che lo portano a definire Cosa nostra “una macchina di morte, di tragedie e di tante menzogne”. Luigi Ilardo è una figura di rilievo nella storia della lotta contro la mafia, non solo per il suo ruolo all’interno di Cosa Nostra, ma soprattutto per il coraggio di abbandonare quell’organizzazione e iniziare a collaborare con le autorità. Ilardo ha vissuto dall’interno l’evoluzione di Cosa Nostra, testimoniando come questa si sia trasformata in una “macchina di morte”, tradendo i principi su cui si era fondata nelle generazioni precedenti. Il suo percorso di pentimento non è solo un atto di ribellione contro l’organizzazione, ma rappresenta anche una profonda presa di coscienza personale, in cui la famiglia e il desiderio di normalità diventano i motori principali della sua decisione di cambiare vita. Questa trasformazione è accentuata dal contesto in cui avviene: la prigione, l’isolamento, e la consapevolezza di aver sacrificato gli affetti più cari in nome di un codice d’onore che, nel tempo, ha rivelato tutta la sua brutalità e ipocrisia.

Colonnello Michele Riccio

Ilardo sperava che il suo esempio potesse essere un monito per i giovani attratti da Cosa nostra «che come me si sentono di raggiugere l’apice della loro vita entrando in determinate organizzazioni, come fu per me, che sono arrivato a prendere il mondo nelle mani il giorno che fui fatto “uomo d’onore”» che considerava una macchina di morte e menzogne. Ma il dolore maggiore che serbava nel cuore Ilardo era l’amore per la sua famiglia e i suoi figli e il tempo che aveva perso

L’unica cosa che mi ha spinto è stata la ricerca della normalità della mia vita e di quella dei miei figli, perché sono stati i loro sacrifici, i loro dolori (…) a farmi capire i veri valori della vita che non ho mai trascurato perché amo i miei figli»

Luana Ilardo
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