Pietro Riggio "Se lo sono venduti lo Stato"
"Lo Stato la venduto"
«Seppi che l’ordine di uccidere Ilardo partì da una fonte istituzionale del tribunale di Caltanissetta che la diede ai carabinieri del Ros di Caltanissetta e che a sua volta la fecero sapere in giro»
Pietro Riggio
Sono molti gli elementi che fanno propendere che per l’omicidio Ilardo siano intervenute “Entità esterne” a Cosa Nostra.
Che ci fu una volontà di accellerare quel disegno crimonoso ai danni di Luigi Ilardo pensiamo che sia un elemento acquisito un dato di fatto da cui partire per cercare di capire cosa ci sta dietro quei nove colpi d’arma da fuoco sparati contro Luigi Ilardo la sera del 10 maggio del 1996
Difatti, quello che emergerà nel processo di primo grado magistralmente condotto dall’allora sostituto dott. Pasquale Pacifico è che l’omicidio, seppur sia stato compiuto da Cosa Nostra, era stato deciso perchè a quanto si racconta giravano insistenti voci nell’ambiente di Cosa Nostra che Ilardo era un infiltrato.
Quel che peggio e che questa fuga di notizie aveva una fonte istituzionale: la procura di Caltanissetta [1]
Del resto in questa direzione vanno le dichiarazioni di Antonino Giuffrè, ex capo mandamento di Caccamo e fedele collaboratore di Bernardo Provenzano
Giuffrè dirà agli organi inquirenti che Provenzano gli aveva rivelato “che la notizia della soffiata era pervenuta dalla procura di Caltanissetta”
E quindi era stato incaricato dal Provenzano, tra la fine del 1995 e l’inizio del 1996, di cercare un luogo adeguato dove eseguire l’omicidio.
Dichiarazioni che saranno confermate anche da Giovanni Brusca,[2] condannato per la strage di Capaci, autore di oltre cento omicidi che gli valsero il soprannome di “scannacristiani” per la sua ferocia, oggi collaboratore di giustizia, all’epoca legato all’ala militare e stragista dei corleonesi di Totò Riina ebbe a dire che “quell’omicido, per gerarchia e importanza”, visto che Ilardo apparteneva ad una delle famiglie mafiose più potenti ed importanti, doveva occuparsene, dopo il benestare della “commissione regionale”, lo stesso Brusca, dopo il “via libera del Provenzano”.
Cosa che Brusca comunicò tramite lettera al Provenzano ricevendone, tramite pizzino, quello di non muoversi in tale direzione. Pizzino scritto prima dell’uccisione dell’Ilardo e che verrà ritrovato nell’appartemento del boss di San Giuseppe Jato, il 21 maggio del 1996, quando Brusca venne arrestato.
Sono dichiarazioni che rafforzano quelle di Antonio Giuffrè quando dice che Provenzano aveva saputo che Ilardo era un infiltrato da ambienti vicino alla Procura di Caltanissetta aggiungendo dei particolari inquietanti
come quello di trovare un posto non lontano dalla masseria, ben nascosto, dove invitare Ilardo per poterlo uccidere durante un secondo appuntamento
Perchè invitare ad un secondo appuntamento, richiesto insistentemente attraverso il colonnello Riccio, dall’allora vicecapo dei Ros Mario Mori quando i vertici del Ros romano avevavo tutti gli elementi per intervenire o quanto meno indagare sui favoreggiatori della latitanza di Provenzano?
Questo è un particolare che non riusciamo a spiegarci
Brusca dirà di più che la decisione di chiudere la bocca ad Ilardo è venuta dal cugino Pippu Madonia che avrebbe chiesto alla famiglia Santapaola di occuparsi del delitto e che sarebbe spettato ad Aurelio Quattroluni, all’epoca a capo della famiglia mafiosa catanese, cosa che non accadrà come dimostrano i fatti accertati nelle sentenze
Ancora una volta viene da pensare che Entità esterne abbiano deciso, di mettere fine alla vita dell’Ilardo utilizzando ambienti di Cosa nostra legati ad apparati deviato dello Stato
A raccontarci dei particolari ancora più inquietanti sarà il collaboratore di giustizia Pietro Riggio, l’ex agente di custodia cautelare che ha fatto parte nei primi anni duemila della famiglia mafiosa di Caltanissetta
Sopra un breve video sulla deposizione di Pietro Riggio sull’omicidio Ilardo tratto dalla piattaforma youtube da un programma di La7 condotto da Purgatori
Il magistrato Nino Di Matteo su Riggio: Ci sono analogie con Tommaso Buscetta. Sta provando a parlare dei rapporti osceni che la cosa nostra ha avuto con il potere”
Pietro Riggio,[3] ex agente di polizia penitenziaria, arrestato nel 1998 nella operazione denominata “Grande Oriente” con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso. Nei primi anni duemila Riggio entra a far parte della famiglia mafiosa di Caltanissetta occupandosi delle estorsioni. Il suo è un ruolo marginale anche perché, come lui stesso ha raccontato nei vari procedimenti che lo vedono coinvolto, non fu mai oggetto del rito di affiliazione, la famosa “punciuta”.
E’ in questo contesto che Pietro Riggio prende contatto con Angelo Ilardo, cugino del confidente-infiltrato morto nel maggio 1996.
Sarà proprio con il cugino di Luigi Ilardo che parlò della morte del capomafia nisseno.
“Lui (Riggio si riferisce ad Angelo Ilardo ndr) mi disse espressamente che il cugino era morto perché voleva parlare di tutti quelli che erano stati gli intrecci che si erano succeduti tra il 1992 ed il 1995” a cominciare “dalla strage di Falcone e di via d’Amelio, della massoneria, della nascita di Forza Italia, di Dell’Utri, di quelle cose che erano accadute in quel frangente temporale”
Riggio precisa anche nel suo racconto che il cugino di Luigi Ilardo ebbe a dirgli anche che nessuno sapeva che “lui era andato a Roma per iniziare ufficialmente quella che era la collaborazione. Solo pochissime persone sapevano di quella scelta: il procuratore Tinebra, il procuratore di Palermo di allora (Gian Carlo Caselli ndr), la dottoressa Principato e lo sapeva anche Riccio ed il colonnello Mori che si trovava lì quel giorno.“
Secondo Riggio il messaggio avuto da Angelo Ilardo era chiarissimo siamo di fronte ad un delitto commissionarto dallo Stato
“Se lo sono venduti lo Stato, ma non potendolo fare loro l’omicidio lo hanno fatto fare tramite appartenenti a Cosa nostra”
Sull’argomento l’ex affiliato alla famiglia mafiosa di Caltanissetta aggiunge maggiori particolari anche durante il controesame dell’avvocato Basilio Milio, difensore del generale Mario Mori
“Della morte di Luigi Ilardo parlai con il cugino, Angelo, con Carmelo Barbieri ed il boss catanese Alfio Mirabile. Seppi che l’ordine di uccidere Ilardo partì da una fonte istituzionale del tribunale di Caltanissetta che la diede ai carabinieri del Ros di Caltanissetta e che a sua volta la fecero sapere in giro“
Riggio, secondo il racconto che gli fece il boss catanese Alfio Mirabile, ebbe a dire che dietro quell’omicidio ci fu
“un’azione ben precisa da parte del colonnello Mori che incaricò un suo uomo, un capitano che era in servizio in una caserma dei carabinieri di Catania e che era direttamente collegato a boss Zuccaro, della famiglia Santapaola, che da sempre era stato confidente dei carabinieri. Venne passata la notizia a lui affinché si facesse l’omicidio che non poteva essere più ritardato in nessuna maniera. Questo io lo apprendo da fonte mafiosa diretta: Alfio Mirabile. Ordine che venna dato tra il gennaio e il maggio 1996″.
Quindi, dietro l’omicidio Ilardo, secondo Riggio, ci sarebbe il generale Mori e il presunto confidente dei carabinieri Maurizio Zuccaro: ancora una volta sembrano emergere gli strani legami tra mafia e servizi segreti tra mafia e apparati deviati dello Stato
In merito alla vicenda va comunque precisato a chiare lettere, per dovere di informazione, che il generale Mori è stato assolto per l’accusa di aver favorito la latitanza di Bernardo Provenzano e non è mai stato sottoposto a nessuna indagine nè tantomeno a nessuno procedimento giudiziario per la morte dell’infiltrato catanese Luigi Ilardo
Mentre Maurizio Zuccaro fu condannato all’ergastolo come organizzatore dell’omicidio insieme a Giuseppe “Piddu” Madonia (cugino di Ilardo) e Vincenzo Santapaola ritenuti i mandanti; Orazio Benedetto Cocimano venne invece condannato come esecutore materiale. All’omicidio avrebbero preso parte anche Maurizio Signorino e Pietro Giuffrida, entrambi decedut
Questo però non pone fine alla vicenda anzi, al contrario, il mistero si fa ancora più fitto perchè, comunque la si mette, qualcosa in questa tragica storia non torna. Non spetta a noi, in questa sede, fare i giudici ma raccontare i fatti di una storia dal sapore amaro. Raccontare vicende, peraltro registrate dalle carte processuali che abbiamo a disposizione e che ci portano a concludere che sono molto di più i dubbi che le certezze che stanno dietro alla morte di un uomo che avrebbe potuto, e di questo ne siamo fermamente convinti, cambiare la storia della lotta contro le mafie e contro gli strani e criminali intrecci tra Cosa nostra, ‘Ndrangheta, Massoneria, Servizi deviati e politica.
Guglielmo Bongiovanni
Note
[1] Deposizione Antonino Giuffrè, Sentenza di primo grado sull’omicidio di Ilardo del 21 marzo del 2017;
[2] Deposizione Giovanni Brusca, Sentenza di primo grado sull’omicidio di Ilardo del 21 marzo del 2017;
[3] Riggio si arruola nel 1989 e dopo i tre mesi di corso venne assegnato presso la casa circondariale di Sollicciano a Firenze. Dopo tre anni venne trasferito in Sicilia prima presso la casa circondariale di Petrusa Agrigento poi presso la struttura penitenziaria di San Cataldo, in provincia di Caltanissetta. Oggi le sue dichiarazioni sono al vaglio degli organi inquirenti per l’ennesimo processo, apertosi lo scorso 14 gennaio 2025, con l’accusa di depistaggio a carico di due generali dei Carabinieri (oggi in pensione) Angiolo Pellegrini e Alberto Tersigni, accusati di aver intralciato le indagini dei pm che stavano cercando riscontri alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Pietro Riggio (fonte antimafiaduemila)