Puntata 1 – Le stragi sono ancora tra noi

La stagione delle stragi non è finita: la verità oltre l’agenda rossa

Introduzione – Le stragi, la verità e il silenzio calcolato

Ci sono verità che non si possono archiviare. Verità che tornano, come macerie non rimosse, ogni volta che lo Stato tenta di voltare lo sguardo. Verità che urlano dentro le omissioni, i depistaggi, le falsificazioni. È questo il cuore pulsante dell’intervento del senatore ed ex procuratore generale Roberto Scarpinato: un atto d’accusa preciso, documentato, durissimo contro chi, oggi, tenta di cancellare trent’anni di indagini, sangue e giustizia.

Nel suo lungo e documentato intervento, Scarpinato denuncia come l’attuale Commissione Parlamentare Antimafia, sotto la guida della presidente Chiara Colosimo, stia compiendo un’operazione politica deliberata di rimozione e riscrittura della verità.

Il metodo?

Ridurre tutto a una sola pista: quella di “mafia e appalti”, ignorando i mandanti esterni, i servizi segreti, i rapporti opachi tra potere e criminalità organizzata.

I nomi sono quelli noti: Paolo Bellini, Antonino Gioè, Bruno Contrada, Salvo Lima, Mannino, Mori, De Donno. Gli episodi sono quelli che abbiamo imparato a chiamare “buchi neri”:

    la sparizione dell’agenda rossa di Borsellino;

    le intercettazioni nascoste su politici di primo piano;

    i file cancellati dal computer di Falcone;

    la strana presenza di uomini dei servizi intorno all’auto esplosa in via D’Amelio;

    le visite ripetute di Paolo Bellini in Sicilia nel pieno della stagione stragista;

    il colloquio interrotto tra Borsellino e Mutolo e quell’incontro inatteso con Bruno Contrada al Viminale.

E ancora: perché fu impedito ai parlamentari dell’opposizione di sentire testimoni come l’ispettore Bonfirraro?

Perché fu bloccata persino una domanda, posta dal deputato Provenzano, che chiedeva conto del nesso tra le stragi del 1992 e quelle del 1993?

In questa denuncia, Scarpinato non si limita a elencare. Documenta. Dimostra. Cita verbali, date, nomi, falsificazioni evidenti. E pone una domanda scomoda:

chi vuole davvero riscrivere la storia delle stragi? E perché?

Quello che emerge è un quadro inquietante: un’intera narrazione rovesciata, in cui i magistrati che hanno portato a processo gli intoccabili diventano gli imputati di un nuovo processo politico, mentre gli autori dei depistaggi vengono riabilitati e celebrati.

Chi si ricorda più di Antonino Gioè e delle sue misteriose telefonate prima della strage di Capaci?

Chi vuole ancora sapere che cosa disse Mutolo a Borsellino prima che venisse uccisi?

Chi ha deciso che questi temi non sono più degni d’attenzione pubblica?

Le stragi sono ancora tra noi

Roberto Scarpinato smonta la contronarrazione della Commissione Antimafia targata Colosimo

    «Le stragi sono ancora tra noi. Non sono una storia di trent’anni fa, sono una storia che ha una grande attualità politica perché non furono soltanto stragi di mafia, ma furono stragi che coinvolsero la responsabilità a livello di complici e di mandanti di pezzi del sistema di potere italiano.»

Con queste parole, Roberto Scarpinato apre un intervento che è insieme atto d’accusa e grido d’allarme civile. L’ex Procuratore Generale di Palermo denuncia una sistematica rimozione della verità sulle stragi del 1992-93 e accusa l’attuale Commissione Antimafia, presieduta da Chiara Colosimo, di operare un “depistaggio culturale” finalizzato a riscrivere la storia per colpire la magistratura inquirente.

Depistaggi, buchi neri e verità rimosse

   «I primi indicatori sono i depistaggi che hanno contrassegnato tutte le indagini sulle stragi ininterrottamente. Depistaggi che non sono stati certo effettuati per coprire i mafiosi, ma per coprire mandanti e complici esterni.»

Il caso più emblematico resta la sparizione dell’agenda rossa di Paolo Borsellino.

    «C’erano pezzi di cadavere sparsi dappertutto, il fumo nell’aria, feriti e intorno alla macchina di Paolo Borsellino c’erano degli uomini in giacca blè e cravatta, indifferenti a tutto questo che aleggiavano intorno alla macchina. Uno dei poliziotti che ha testimoniato ha detto: “Ne ho fermato uno, ho chiesto chi è lei?” mi esibì il tesserino dei servizi segreti…»

    «È stata ritrovata una fotografia che ritrae il capitano Arcangioli con la borsa di Borsellino in mano. È stato ricostruito che la preleva dalla macchina, percorre 50 metri, la fa vedere a qualcuno, ritorna indietro, la mette nella macchina in fiamme… Sarà un vigile del fuoco a bagnarla con l’acqua per evitare che prendesse fuoco»

«I casi sono due. O il capitano Arcangioli ha detto la verità e quindi qualcuno prima ancora di lui era arrivato a prelevare l’agenda rossa oppure ha detto il falso e l’agenda rossa è stata prelevata dai suoi superiori ai quali la consegnò.»

CONTINUA…..

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