
Colpo di scena a Caltanissetta: riaperta l’indagine sui mandanti esterni delle stragi
La gip Luparello accoglie l’istanza dell’avvocato Repici: nuovi documenti su Borsellino e la pista nera
Un’improvvisa svolta scuote il procedimento giudiziario più delicato d’Italia: la giudice Graziella Luparello ha sospeso la camera di consiglio sull’archiviazione dell’inchiesta riguardante i cosiddetti mandanti esterni delle stragi del 1992. Una decisione clamorosa, maturata dopo l’accoglimento dell’istanza presentata dall’avvocato Fabio Repici, legale di Salvatore Borsellino, fratello del giudice assassinato il 19 luglio 1992.
Repici ha prodotto nuovi documenti risalenti agli ultimi giorni di vita di Paolo Borsellino. Tra questi, un verbale di una riunione del 15 giugno 1992 tenuta alla Procura di Palermo, dopo la strage di Capaci, alla presenza dello stesso Borsellino, del procuratore capo Pietro Giammanco, degli aggiunti Vittorio Aliquò e Borsellino, e dei sostituti Vittorio Teresi e Pietro Vaccara.
Il verbale che riporta in vita l’interesse di Borsellino per Lo Cicero
Dal documento emerge che i magistrati discussero informazioni sulla strage del 23 maggio e sulle intercettazioni attivate nei confronti di Alberto Lo Cicero, allora confidente dei carabinieri e poi collaboratore di giustizia. Figura chiave della cosiddetta pista nera, Lo Cicero era uomo di fiducia di Mariano Tullio Troia, boss legato all’estrema destra noto come “‘u Mussolini”, e compagno di Maria Romeo, sorella di Domenico Romeo, autista personale di Stefano Delle Chiaie.
Lo Cicero e Romeo furono i primi a indicare la presenza di Delle Chiaie in Sicilia nei giorni immediatamente precedenti la strage di Capaci. E i nuovi documenti certificano che Borsellino seguiva con attenzione le loro dichiarazioni.
Il ruolo diretto di Paolo Borsellino
“Esiste una prova documentale che Borsellino intervenne personalmente sull’avvio della collaborazione con Lo Cicero, imponendo che riferisse esclusivamente alla Procura di Palermo”, ha scritto Repici. Una scelta che spiega l’attesa, da parte del giudice, della delega da Giammanco per occuparsi formalmente del caso: un’attesa che durò fino alla mattina del 19 luglio.
La gip Luparello ha definito l’istanza “meritevole di accoglimento”, fissando una nuova udienza per il 22 settembre.
Il processo Giustini-Romeo e le dichiarazioni di Teresi
Nel processo in corso a Caltanissetta contro Maria Romeo (imputata per false informazioni) e l’ex carabiniere Walter Giustini, è emersa la testimonianza chiave del magistrato Vittorio Teresi. Già giovane pm nel 1992, Teresi lavorava sotto il coordinamento di Borsellino e riferiva a lui le attività rilevanti.
In una relazione di servizio del 1° giugno 1992, Teresi documentava come Lo Cicero e Romeo fossero diventati confidenti dei carabinieri dopo un tentato omicidio avvenuto nel dicembre 1991. Lo Cicero, ancora in pericolo di vita, rifiutava di firmare verbali ma raccontava fatti gravissimi: la gestione dei lavori stradali a Capaci da parte di Troia, le ditte intestate a prestanome come Senzale, e persino cene in casa di Troia con l’onorevole Giuseppe Lo Porto, più volte deputato del MSI e poi di Alleanza Nazionale, sottosegretario alla Difesa nel primo governo Berlusconi.
Il ricordo e i sospetti su un “amico traditore”
Borsellino e Lo Porto, secondo quanto scrive il Fatto quotidiano, si conoscevano da giovani: ex compagni di scuola, avevano militato entrambi nel Fronte della Gioventù. Il giudice aveva però preso le distanze pubblicamente, come attestato da un dispaccio ANSA del 20 maggio 1992, quando definì Lo Porto “il mio vecchio compagno di scuola nonché amico” per poi respingere il sostegno dell’MSI alla sua candidatura per la Presidenza della Repubblica.
Secondo Repici, è plausibile che proprio Lo Porto fosse il “traditore” evocato da Borsellino nello sfogo raccontato dai colleghi Camassa e Russo, pochi giorni prima dell’attentato di via D’Amelio.
La riunione del 15 giugno 1992 e il documento “sconvolgente”
Il documento clou è però il verbale della riunione di coordinamento del 15 giugno 1992 tra le pocure di Palermo e Caltanissetta. Reso noto solo di recente, riporta la firma di Paolo Borsellino e contiene riferimenti diretti al procedimento n. 3471/92 – cioè alle dichiarazioni di Lo Cicero.
Nel verbale si concordava di proseguire le intercettazioni a cura della Procura di Palermo e di condividere ogni sviluppo con i colleghi nisseni. Tre giorni prima di quell’incontro, una nota dei carabinieri definiva di “particolare importanza” le dichiarazioni di Lo Cicero e Romeo, chiedendo provvedimenti di fermo per alcuni soggetti tranne che per Troia, su cui si voleva continuare a indagare più a fondo.
“Non fu mai convocato prima del 19 luglio”
Infine, un’informativa del 14 settembre 1992 rivela che Borsellino e la Procura di Caltanissetta avevano concordato di evitare che Lo Cicero parlasse con altre autorità giudiziarie, per non compromettere le indagini.
Eppure, nonostante la sua insistenza, il giudice non fu mai convocato prima del 19 luglio. Teresi, nel processo Giustini-Romeo, ha dichiarato: “Sono quasi certo che se lui avesse avuto rapporti con Lo Cicero e notizia della pista nera… forse era proprio questo che voleva riferire a Caltanissetta”.
Conclusione: una pagina nuova sulla pista nera
Questo sviluppo clamoroso apre nuovi scenari sulle stragi del 1992, rimettendo al centro la figura di Paolo Borsellino e il suo interesse per la pista nera, per la presenza in Sicilia di Stefano Delle Chiaie, per le infiltrazioni dell’estrema destra nei piani di morte di Cosa Nostra.
Il processo non è finito. La verità attende ancora.