Luigi Ilardo: il tradimento perfetto. Come lo Stato ha silenziato la verità e ora chiede di fidarsi
PER NON DIMENTICARE
Questo è il titolo che abbiamo voluto dare al video che abbiamo pubblicato sopra. Quello che ricorda i momenti più belli e più tragici dell’infiltrato Luigi Ilardo.
Dietro quel video c’è una parte dell’Italia che finge di non vedere. Un’Italia che ride con i suoi figli, che abbraccia la moglie, che tiene in braccio due gemellini appena nati… e che finisce riversa sull’asfalto, in una pozza di sangue, la sera del 10 maggio 1996, in via Quintino Sella, a Catania.
Nove colpi di pistola. Precisi. Professionali. Definitivi. Non hanno colpito solo un uomo: hanno giustiziato una verità.
“Con Luigi Ilardo è morta anche la possibilità di squarciare il velo che copre mafia, massoneria, servizi deviati e trattative inconfessabili.”
Con lui sono stati sepolti nomi, legami, intrecci tra mafia, ’ndrangheta, massoneria, servizi segreti e apparati “deviati” dello Stato. Un sistema, non un caso. Un sistema che ancora oggi respira e si rafforza.
Ilardo non parlava per sentito dire. Sapeva. Aveva visto. Aveva incontrato Provenzano, era infiltrato dentro Cosa Nostra con l’avallo del ROS, collaborava con il colonnello Michele Riccio. Ma alcuni giorni prima di formalizzare le sue dichiarazioni, viene ammazzato.
Fine. Silenzio. Buio.
Fu il primo a pronunciare un nome che scotta ancora oggi: Marcello Dell’Utri, braccio destro di Silvio Berlusconi in Sicilia, condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa.
Nessuna dietrologia. Solo fatti. Sentenze. Ma non è bastato.




“Lo Stato gli promise protezione. E poi? Niente. Ucciso la sera prima della formalizzazione. I Servizi? Non pervenuti.”
E oggi, trent’anni dopo, che fa il Governo?
Approva un decreto sicurezza che consegna ai Servizi segreti poteri quasi illimitati. Proprio quei Servizi che dovevano vigilare su Ilardo.
Stiamo affidando le chiavi della democrazia a chi ha spesso lavorato contro la democrazia. A chi ha protetto, coperto, negoziato. A chi ha deciso, nell’ombra, chi doveva vivere e chi doveva morire.
È giunto il momento di sorvegliare le istituzioni democratiche.
Non possiamo più permetterci di dormire. Perché il prossimo bersaglio non sarà un infiltrato: sarà un cittadino qualsiasi che fa troppe domande.
Luigi Ilardo è stato ucciso perché sapeva troppo.
Noi rischiamo di essere complici perché vogliamo sapere troppo poco.