NON L'HANNO VOLUTO PRENDERE
Il filmato che calorosamente consigliamo ai nostri lettori di vedere cliccando sopra sul “Il Fantasma di Corleone” racconta della mancata cattura di Provenzano.
Pochi minuti dove il colonnello Riccio racconta della mancata cattura del capo di Cosa Nostra.
Il video è tratto dal film documentario del 2006 “Il Fantasma di Corleone” diretto da Marco Amenta da questo video sono tratte le citazioni del colonnello Riccio





Il giorno in cui Provenzano poteva essere arrestato e non lo fu
Il 31 ottobre del 1995, nelle campagne di Mezzojuso, si consumò un episodio che ancora oggi lascia l’amaro in bocca a chi crede nella giustizia. Quel giorno, il superlatitante Bernardo Provenzano poteva essere catturato. Poteva, ma non lo fu.
Il colonnello dei Carabinieri Michele Riccio, all’epoca in prima linea nella lotta alla mafia, ha raccontato più volte quella vicenda, evidenziando come la mancata cattura del boss non fosse dovuta a un imprevisto, ma a una scelta precisa.
Riccio aveva ricevuto informazioni di prima mano grazie al confidente Luigi Ilardo, un uomo di Cosa Nostra che aveva deciso di collaborare con lo Stato.
Ilardo aveva indicato il luogo e il momento in cui Provenzano si sarebbe trovato, fornendo un’opportunità irripetibile per arrestarlo. Eppure, nonostante tutto fosse pronto, non arrivò mai l’autorizzazione per intervenire.
“Perché non si arresta Provenzano il 31 ottobre del 1995?”
“Perché ebbi l’ordine di non intervenire” ha dichiarato senza esitazione Riccio.
“Noi non siamo intervenuti prima di tutto perché non abbiamo avuto l’autorizzazione all’intervento. Non avevamo i mezzi sufficienti per svolgere in maniera ottimale il servizio. Se fossi stato io il responsabile, saremmo intervenuti. Non mi sarei fatto scappare quella occasione”
Un’accusa pesante, che pone interrogativi inquietanti. Perché non si voleva catturare Provenzano? Secondo Riccio, la risposta è chiara:
“Non si è voluto prendere”
Alla domanda che gli rivolge il reporter:Chi non l’ha voluto prendere?
“Chi era preposto a prenderlo… O per incapacita, o perché forse Provenzano doveva assolvere qualche compito”
Il destino del colonnello Riccio[1]
Chi conosce la storia della lotta alla mafia sa che le vendette non sempre si consumano con il piombo.
“Ci sono mille modi per uccidere una persona”
dice Riccio. Lui, però, non fu eliminato fisicamente. Fu screditato, isolato, colpito in un altro modo.
Riccio era divenuto un testimone scomodo doveva essere neutralizzato
Nonostante l’FBI americana gli avesse conferito una medaglia per il suo impegno in un’importante inchiesta contro il traffico di droga, in Italia la stessa inchiesta gli costò un’accusa infamante: traffico di droga. Un destino beffardo per un uomo che aveva combattuto contro il crimine organizzato con tutte le sue forze
“Resta l’amaro in bocca”
confessa Riccio.
“Perché se quel giorno non avessi obbedito, avremmo assicurato Provenzano alla giustizia”
nel 1995, e non nel 2006, undici anni dopo.
Un mistero irrisolto
Ancora oggi, il mancato arresto di Bernardo Provenzano quel 31 ottobre rimane un nodo irrisolto della storia italiana.
Ci sembra davvero difficile credere a una delle tante versioni ufficiale che parla di ostacoli logistici: qualche pecora o trattore di troppo che impedivano un’azione rapida di un corpoo specializzato alla ricerca e cattura dei latitanti.
Ma davvero questo può spiegare tutto?
Oppure, come sembra emergere dalle parole di Riccio, dietro quella mancata cattura si cela un accordo silenzioso, un patto inconfessabile tra pezzi dello Stato e la mafia?
Una verità scomoda, che forse non verrà mai del tutto alla luce, ma che continua a pesare come un macigno sulla coscienza di chi quel giorno avrebbe potuto scrivere una pagina diversa della storia d’Italia.
Note:
[1] Il colonnello Michele Riccio inizia la sua carriera quando, dopo aver operato in Sardegna e sul confine Iugoslavo al comando della Tenenza dei Carabinieri di Muggia (TS), nell’ottobre del 1975, viene trasferito al comando del Nucleo Investigativo Carabinieri di Savona.
In seguito ad alcune fortunate operazioni di servizio che vedevano l’arresto di pericolosi latitanti affiliati alla ‘Ndrangheta, la liberazione di alcuni sequestrati e la risoluzione di alcuni efferati omicidi, veniva notato dall’allora Gen. Dalla Chiesa, comandante della brigata Carabinieri di Torino che gli affida numerose indagini molto delicate.
Questo rapporto continua anche dopo il suo incarico di Responsabile Nazionale del circuito carcerario; poi, alla conclusione della vicenda Moro, nel 1978, il generale Dalla Chiesa assume il comando del Nucleo Speciale Antiterrorismo e vuole il colonnello Riccio al comando della Sezione Anticrimine di Genova.
Il rapporto fra i due prosegue fino al giorno della tragica scomparsa del Generale e della moglie e non ebbe solo risvolti investigativi, ma anche personali e di affetto.
Alle sue dipendenze il colonnello Riccio gestisce i maggiori collaboratori, primo fra tutti, Patrizio Peci, partecipando a numerose operazioni e missioni investigative anche al di fuori della Liguria. Nell’ambito di queste attività consegue anche la medaglia d’argento al valore militare.
Prosegue nel suo servizio dapprima sempre nei Reparti Speciali Anticrimine e poi al ROS, svolgendo operazioni nei confronti sia del Terrorismo Nazionale che Internazionale, vedi indagine Achille Lauro, cellula terroristica Hendawi, responsabile di numerosi attentati esplosivi, sia della Criminalità Organizzata di livello anche internazionale, contrastando, quindi, anche i traffici d’armi e di stupefacenti, non dimenticando sempre la liberazione di sequestrati, primo fra tutti la minore Patrizia Tacchella. E’ questa l’ occasione in cui Riccio conosce personalmente De Gennaro.
Tra le varie inchieste anche quelle sulla mafia siciliana, in particolare le connessioni relative all’appalto del Casinò di Sanremo negli anni ‘80 e quella contro gli affiliati della Famiglia di Bolognetta, i Fidanzati.
Dopo queste esperienze passa alla DIA dove riceve dal Dr. De Gennaro l’incarico di dare vita all’inchiesta che denomina «grande Oriente», dal nome in codice della fonte, «Oriente», aggiunge il termine «grande», con riferimento agli ambienti massonici che erano uno dei contesti principali dell’indagine e pericolosa continuità per il bene dell’Istituzione. (Se volete approfondire la storia del colonnello veneto Michele Riccio vedi: Anna Vinci, La strategia Parallela, Zolfo 2024);