La mafia, oggi come ieri, ha paura solo di una cosa: la verità detta a voce alta.

Stamani mi è venuto in mente, dopo aver parlato con un carissimo amico, un mio insegnante che è ha segnato la mia vita.
Qualcuno d’altri tempi lo avrebbe definito”un maestro di vita”.
Si chiamava Emanuele Giuliano la cui esistenza venne sconvolta dall’omicidio del fratello, Giorgio Boris Giuliano, ucciso a Palermo il 21 luglio del 1979, in via De Blasi, all’interno del bar Lux, se memoria non mi inganna.
Ricordo come se fosse ieri quando il prof. Giuliano mi regalò un libro che ancora oggi viene letto si intitolava “In Nome di Dio” di David Yallop.
Un libro teso a dimostrare che Papa Luciani, il sorriso di Dio, il papa veneto, ritrovato morto il 28 settembre del 1978, era stato ucciso.
Fu il mio prof. che per primo mi inziò a parlare di mafia.
Del resto, la sua seconda vità, se mi passate il termine, fu interamente votata nella lotta contro la mafia e alla ricerca della verità e giustizia sui mandanti dell’omicidio di suo fratello Boris Giuliano.
Fu il mio prof. che iniziò a spiegarmi cos’era la mafia, nella Sicilia degli anni ’80.
Fu grazie anche a lui che a Piazza Armerina nacque il “Premio Chinnici” istituito nel 1985 in memoria del giudice Chinnici, ucciso nel 1983.
Fu lui che mi parlo del fratello Boris Giuliano, del giudice Chinnici che spesso si recava nelle scuole per parlare di mafia ai giovani studenti perchè era in quel luogo, per eccellenza, “la scuola” dove dovrebbe alimentarsi la cultura della legalità, la lotta contro il “modus comportandi” che si registra nel comportamento quotidiano di molti italiani.
Mi ripeteva che non è affatto difficile sconfiggere la mafia: basta romere quella cultura dell’omertà che oggi appartiene, purtroppo, non solo agli aduti ma anche a molti giovani studenti.
Fu il mio prof. che quasi in lacrime mi parlava di Bruno Contrada, all’epoca molto amico e superiore del vicequestore Boris Giuliano.
La sua amarezza gli si leggeva negli occhi nel leggere i giornali le vicende che avevano investito l’ex agente dei servizi segreti poi condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa.
Fu con il prof. che fondammo un’associazione, erano gli anni ’80, si chiamava Zefiro con la quale andavamo per le scuole a parlare di mafia.
Nei suoi occhi si leggeva la passione e la convinzione che le cose potevano cambiare
Fu al mio prof. che chiesi, ingenuamente, sui vecchi boss di Cosa Nostra e sui mandati di alcuni omicidi dell’epoca
“Prof. anche un bambino capirebbe che mafiosi e mandanti sono tutti colpevoli. Perchè non si arrestano e processano”
Il prof. mi rispose in questi termini
Caro Guglielmo la domanda è posta male. I mafiosi, nel senso stretto del termine, sono dei vigliacchi che sparano alle spalle e uccidono. Sanno fare solo quello. Semmai devi chiederti chi sono le entità che proteggono questi signori, che gli garantiscono l’impunità, che gli permettono di fare quello che vogliono. Ebbene questi sono peggio di chi impugna una pistola per uccidere, sono peggio dei Riina, dei Provenzano dei Liggio
Sono passati molti anni eppure quelle frasi mi sono rimaste in mente perchè oggi più di ieri siamo in presenza di molti colletti bianchi a tutti i livelli che vigliaccamente uccidono ogni giorno Falcone, Borsellino, Giuliano, Basile, Guazzelli, Costa, Chinnici, Dalla Chiesa, Ilardo, ecc. ecc. ecc. ecc.
Come non pensare al giornalista Pippo Fava, un uomo coraggioso. Un siciliano vero che ebbe a dire in un intervista fatta da Enzo Biagi una grande verità
“I mafiosi sono in ben altri luoghi e in ben altre assemblee. I mafiosi stanno in Parlamento, i mafiosi a volte sono ministri, i mafiosi sono banchieri, i mafiosi sono quelli che in questo momento sono ai vertici della nazione. Se non si chiarisce questo equivoco di fondo…, cioè non si può definire mafioso il piccolo delinquente che arriva e ti impone la taglia sulla tua piccola attività commerciale. Questa è roba da piccola criminalità che credo faccia parte ormai, abiti in tutte le città italiane, in tutte le città europee. Il problema della mafia è molto più tragico e più importante, è un problema di vertice della gestione della nazione ed è un problema che rischia di portare alla rovina, al decadimento culturale definitivo l’Italia.”
Forse, oggi, il baratro del decadimento culturale definitivo dell’Italia è alle porte?
Possiamo ancora credere ad una società migliore?
Vogliamo ancora sognare con Pippo Fava con questo video che vi proponiamo sotto che fin dagli anni ottanta diceva una grande verità che ancora oggi è sotto gli occhi di tutti.
Guglielmo Bongiovanni
Mai disperare