Luigi Ilardo, la chiave del processo. Come l’infiltrato ucciso rese possibile la sentenza di Gela del 2000

"Ilardo, l’uomo che fece tremare Cosa Nostra e lo Stato"

“La verità cancellata a colpi di pistola: Ilardo e la sentenza di Gela”

Luigi Ilardo, l’infiltrato che poteva cambiare la storia

Ci è stato chiesto da molti lettori se il sito avesse posto in secondo piano la figura di Luigi Ilardo.

La riposta è assolutamente no.

Questo sito è nato per far conoscere la storia di Ilardo anche nelle scuole e laddove ci verrà concesso.

A tal riguardo nei prosssi giorni vi informeremo su un nostro progetto che sta per compiersi e che porterà proprio il nome di Luigi Ilardo.

Non posso nascondervi, però, che sono stati giorni duri.

La profonda amarezza per la recente decisione presa dal tribunale di Catania, che ha archiviato per la seconda volta, l’indagine relativa all’omicidio di Luigi Ilardo, ci ha fatto riflettere.

Per un attimo, ci siamo chiesti se avesse ancora senso continuare a dare voce a un uomo che aveva scelto di voltare pagina e combattere Cosa Nostra.

La risposta è una sola: sì, continueremo. E con maggiore determinazione.

Lo dobbiamo a Luigi Ilardo. Lo dobbiamo ai nostri studenti, ai giovani che ci seguono ogni giorno, che ci chiedono di conoscere il fenomeno mafioso — presente anche in Veneto — e come si può combatterlo.

Abbiamo deciso, però, di cambiare rotta.

Non per rassegnazione, ma per determinazione.

Perché di Luigi Ilardo si è detto forse, molto, ma si è approfondito troppo poco.

E allora ripartiamo dai documenti. Dai processi. Dai risultati concreti di un uomo che ha combattuto la mafia dall’interno, a rischio della propria vita e che lo ha fatto non da pentito, ma da infiltrato, al servizio dello Stato e sotto la guida del colonnello Michele Riccio.

Ilardo non era un mafioso qualsiasi. Era un insider deciso a far crollare il sistema.

Aveva scelto di collaborare prima di diventare un collaboratore di giustizia ufficiale.

Aveva fornito informazioni di altissimo livello.

Aveva portato le forze dell’ordine ad un passo dalla cattura di Bernardo Provenzano.

Aveva parlato di rapporti indicibili tra Cosa Nostra, massoneria, politica e apparati di sicurezza.

E il suo racconto si stava spingendo verso le stragi del 1992/1993, quelle che hanno insanguinato l’Italia.

Ma il 10 maggio 1996, in via Quintino Sella a Catania, Luigi Ilardo fu assassinato. Pochi giorni prima del suo ingresso nel programma di protezione dei testimoni. Un silenzio imposto con le armi.

Abbandonato a se stesso senza che lo Stato mettesse in atto nessuna misura idonea di protezione nei suoi confronti.

Un infiltrato dello Stato le cui conoscenze erano equiparabili a quelle di Tommaso Buscetta: don masino il boss dei due mondi.

Ilardo non venne sottoposto neanche alle misure minime di protezione ottenute per don Masino a partire dal 1984, grazie al giudice Giovanni Falcone, pur in assenza di strumenti normativi ad hoc, perché solo nel marzo del 1991 entrò in vigore la legge sulla protezione dei collaboratori di giustizia.

Ma Ilardo non aveva un Falcone al suo fianco.

Nonostante avesse incontrato il gotha delle procure antimafia — Caselli e Tinebra, allora alla guida rispettivamente delle procure di Palermo e Caltanissetta — il 2 maggio 1996 a Roma, per manifestare la volontà di pentirsi ufficialmente, fu rimandato a Catania senza scorta, senza tutela, senza protezione.

Otto giorni dopo fu ucciso sotto casa, nella città etnea.

È per questo che oggi vogliamo riaccendere i riflettori non solo sull’uomo, ma sull’azione concreta di Luigi Ilardo. Partendo da uno dei processi più significativi in cui le sue rivelazioni, raccolte dal colonnello Riccio, furono decisive contro la famiglia Madonia di Caltanissetta, celebrato a Gela e conclusosi con una sentenza di condanna

Un processo reso possibile grazie alle informazioni riservate fornite da Ilardo.

Lo ha dichiarato in aula lo stesso Pubblico Ministero.

Cominceremo da qui.

Da ciò che Ilardo ha fatto, non da ciò che avrebbe potuto fare.

Da ciò che è stato possibile dimostrare, non da ciò che è stato occultato.

Perché comprendere fino in fondo chi era Luigi Ilardo significa anche dare valore alla battaglia che stava conducendo.

Una battaglia che non riguardava solo la mafia, ma il cuore marcio del sistema: intrecci occulti tra criminalità, massoneria, politica e servizi.

È tempo di raccontare Luigi Ilardo per ciò che ha fatto, e per ciò che stava per rivelare.

Con le carte alla mano, senza timori né omissioni.

Guglielmo Bongiovanni

CONTINUA

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Questo articolo ha un commento

  1. Orlando

    Bravissimi dovete far conoscere chi lo ha tradito e perché…

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