
"La Fuga di Notizie che lo Condannò a Morte": parte seconda
Chi tradì Ilardo? Chi mise in giro la voce che Ilardo stava parlando con il colonnello Riccio?
Nel mondo della criminalità organizzata, una voce può valere una condanna a morte. E così è stato per Luigi Ilardo, il boss di Cosa Nostra che aveva deciso di collaborare con lo Stato, affidando i suoi segreti al colonnello Michele Riccio.
Per due anni, Ilardo fornì informazioni di importanza cruciale per la lotta alla mafia. Le sue rivelazioni ci avrebbero potuto portare non solo alla cattura di Bernardo Provenzano nel 1995. Ilardo sarebbe stato in grado di svelare quel sottobosco di interessi che legavano tra loro indissolubilmente mafia, massoneria e istituzioni deviate.
Ma quelle informazioni non rimasero segrete. Qualcuno parlò. E quelle voci, giunte alle orecchie sbagliate, firmarono la sua condanna a morte.




La Fuga di Notizie: Chi Disse Troppo?
Le prime avvisaglie che qualcosa stava trapelando arrivarono al colonnello Riccio da un uomo della sua stessa squadra: il capitano Damiano, in servizio a Caltanissetta[1]
Damiano aveva saputo che un magistrato, il dottor Francesco Paolo Giordano, era a conoscenza dell’esistenza di un informatore interno a Cosa Nostra. Una notizia che, in teoria, doveva restare riservata. Ma non solo: durante le pratiche burocratiche per il rinvio della pena di Ilardo, gli impiegati del Tribunale di Sorveglianza di Caltanissetta sembravano già informati dell’interesse particolare per il personaggio.
La domanda nasce spontanea
Se i funzionari di un tribunale sapevano che Ilardo era un confidente, quanto tempo ci sarebbe voluto prima che questa informazione finisse nelle mani della mafia?
Pietro Riggio: “Se lo sono venduti lo Stato”
Pietro Riggio ex agente di polizia penitenziaria, arrestato nel 1998 nella operazione denominata “Grande Oriente” con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso. Nei primi anni duemila Riggio entra a far parte della famiglia mafiosa di Caltanissetta occupandosi delle estorsioni. Il suo è un ruolo marginale anche perché, come lui stesso ha raccontato nei vari procedimenti che lo vedono coinvolto, non fu mai oggetto del rito di affiliazione, la famosa “punciuta”
“Se lo sono venduti lo Stato, ma non potendolo fare loro l’omicidio lo hanno fatto fare tramite appartenenti a Cosa nostra”
Sull’argomento l’ex affiliato alla famiglia mafiosa di Caltanissetta aggiunge particolari agghiacianti anche durante il controesame dell’avvocato Basilio Milio, difensore del generale Mario Mori
“Della morte di Luigi Ilardo parlai con il cugino, Angelo, con Carmelo Barbieri ed il boss catanese Alfio Mirabile.
“Seppi che l’ordine di uccidere Ilardo partì da una fonte istituzionale del tribunale di Caltanissetta che la diede ai carabinieri del Ros di Caltanissetta e che a sua volta la fecero sapere in giro”
Riggio, secondo il racconto che gli fece il boss catanese Alfio Mirabile, ebbe a dire che dietro quell’omicidio ci fu
“un’azione ben precisa da parte del colonnello Mori che incaricò un suo uomo, un capitano che era in servizio in una caserma dei carabinieri di Catania e che era direttamente collegato a boss Zuccaro, della famiglia Santapaola, che da sempre era stato confidente dei carabinieri”.
Venne passata la notizia a lui affinché si facesse l’omicidio che non poteva essere più ritardato in nessuna maniera. Questo io lo apprendo da fonte mafiosa diretta: Alfio Mirabile. Ordine che venna dato tra il gennaio e il maggio 1996.
Quindi, dietro l’omicidio Ilardo, ci sarebbero pezzi deviati dello Stato.
In merito alla vicenda va comunque precisato a chiare lettere e per dovere di informazione, che il generale Mori è stato assolto per l’accusa di aver favorito la latitanza di Bernardo Provenzano e non è mai stato sottoposto a nessuna indagine nè tantomeno a nessun procedimento giudiziario per la morte dell’infiltrato catanese Luigi Ilardo
Lo stesso Santo La Causa riferì che nei mesi precedenti all’omicidio, in Cosa Nostra si parlava con sempre più certezza della collaborazione di Ilardo, tanto da considerarlo già morto.
Eugenio Sturiale, testimone oculare dell’agguato, raccontò che nei giorni precedenti all’omicidio aveva notato strani movimenti nei pressi dell’abitazione di Ilardo e che era stato avvertito da alcuni uomini della famiglia Santapaola che “Ilardo non avrebbe visto la fine del mese”.
Forse qualcuno, dunque, dentro le istituzioni aveva rivelato l’identità di Ilardo come informatore, condannandolo a morte?
Perchè non si è mai indagato in questa direzione?
Un’Ombra Sulle Istituzioni
Sono numerosi gli elementi che ci fanno sospettare che l’omicidio di Luigi Ilardo non fu una semplice esecuzione mafiosa, ma il risultato di un intrigo che, probabilmente, coinvolse Cosa Nostra, massoneria e ambienti deviati dello Stato
L’omicidio di Luigi Ilardo non è stato un semplice regolamento di conti interno a Cosa Nostra, ma l’eliminazione mirata di un uomo che avrebbe potuto smascherare la zona grigia tra criminalità organizzata e apparati dello Stato che avrebbe scosso profondamente l’Italia, mettendo in luce il lato oscuro che coinvolgeva anche le istituzioni deviate.
Se fosse rimasto in vita, Ilardo avrebbe potuto raccontare dei rapporti tra la mafia e i servizi segreti, della rete di protezione che aveva permesso a Bernardo Provenzano di rimanere latitante per decenni e delle connessioni tra Cosa Nostra e il mondo politico. Ma qualcuno decise che quelle verità non dovevano emergere.
A quasi trent’anni dalla sua morte, la domanda resta aperta: chi ha tradito Luigi Ilardo?
E, soprattutto, il suo assassinio è stato solo un omicidio mafioso o una strategia più complessa per insabbiare un’intera rete di connivenze?
Perchè non è stato mai aperto un procedimento sulle presunte collusioni esterne a Cosa Nostra che probabilmente hanno avuto parte attiva la sera del 10 maggio del 1996 in via Quintinio Sella quando venne messo a tacere per sempre Luigi Ilardo?
Note
[1] Anche in questo post ci rifacciamo alla Sentenza sull’omicidio Ilardo emessa Corte d’assise di Catania il 21 marzo del 2017