“Logge, Potere e Sangue: la rete segreta che proteggeva Savona e ha condannato Ilardo”

“Il Gran Maestro e il Confidente: come lo Stato ha tradito Luigi Ilardo”

Tra massoneria deviata, potere politico e criminalità organizzata. In memoria di Luigi Ilardo.

Un nome al crocevia dei poteri

Nel cuore più profondo delle trame italiane tra criminalità organizzata e istituzioni deviate, il nome di Luigi Savona emerge come figura chiave e ponte tra mondi solo apparentemente inconciliabili. La sua storia non è soltanto una vicenda personale, ma il riflesso fedele di una struttura parallela che ha governato per decenni processi politici, giudiziari e criminali in Italia.

A restituircene i contorni più precisi e inquietanti è Luigi Ilardo.

Le sue parole, mai smentite, confermate da riscontri esterni e purtroppo interrotte tragicamente con la sua morte nel 1996, rappresentano oggi una delle testimonianze più lucide e complete mai raccolte dall’antimafia investigativa.

Senza timore di smentita possiamo affermare che Savona incarnava e proteggeva: logge massoniche coperte, mafia, ‘ndrangheta, politica e Servizi deviati.

La missione di Chisena e l’arrivo di Savona in Sicilia

Negli anni Settanta, Gianni Chisena, massone legato ai Servizi Segreti, organizzò la discesa in Sicilia del Gran Maestro Luigi Savona, rappresentante della Serenissima Gran Loggia Nazionale degli ALAM – Obbedienza di Piazza del Gesù.

L’obiettivo non era simbolico o spirituale, ma strettamente operativo: inserire Cosa Nostra nei circuiti di protezione della Massoneria.

Secondo Ilardo, Chisena parlava apertamente di questo progetto e ne gestiva i contatti diretti.

Il racconto di Ilardo si fa ricco di particolari inediti.

Savona, dopo l’arrivo a Catania nel 1977, prese alloggio presso l’hotel Excelsior e iniziò una serie di incontri riservati con i principali boss dell’isola del calibro di Francesco Madonia (detto Piddu), Antonino Calderone, Giuseppe Di Cristina.

A questi summit partecipò anche Calogero Ilardo, il padre di Luigi, confermando l’importanza e l’autenticità degli incontri[1]

Lo scopo dell’accordo era chiaro: la mafia avrebbe offerto protezione, uomini, voti e finanziamenti a determinati settori istituzionali e politici. In cambio, Savona garantiva intercessioni presso ambienti giudiziari, coperture logistiche e canali privilegiati per affari e appalti.

Ancora una volta al centro di questi strani intrecci troviamo i soldi, gli affari, in nome dei quali si era pronti ad uccidere.

Il laboratorio di Trapani: logge segrete e immunità

Lo scenario che emerge, grazie alle indagini portare avanti dal colonnello veneto Michele Riccio, è davvero inquietante.

Savona agiva in un territorio ben definito: Trapani, crocevia di traffici, politica e massoneria. Qui, nel circolo “Antonio Scontrino“, erano attive sei logge coperte, tra cui la famigerata “Iside 2”, una loggia talmente segreta da non risultare nemmeno negli atti della Commissione Parlamentare d’inchiesta sulla P2 [2]

Secondo Ilardo, il legame tra Savona e la mafia era tale da permettere interventi diretti nei processi.

Ne è un esempio emblematico il sostegno fornito a Mariano Agate, boss di Mazara del Vallo, per alleggerire la sua posizione giudiziaria tramite pressioni su magistrati legati alla massoneria.

Savona era anche presidente del “Ciclopi Club“, associazione culturale con sede a Torino fondata ufficialmente per favorire lo scambio tra ambienti piemontesi e siciliani, ma in realtà strumento di copertura e reclutamento massonico per fini criminali. Tra i suoi referenti figuravano Francesco Bellantonio, che aveva concesso l’affidavit a Michele Sindona, Joseph Miceli Crimi, inquisito con altri massoni della Loggia Camea, come il Gran Maestro Aldo Vitale, per il finto sequestro di Sindona e la tentata estorsione nei confronti del finanziere Enrico Cuccia di Mediobanca e altri personaggi legati a tentativi di golpe, sequestri simulati e riciclaggio internazionale [3]

La sponda dei Servizi e il ruolo di Chisena

Ma una delle conferme più sconcertanti fornite da Ilardo riguarda il legame diretto tra Savona e i Servizi Segreti italiani, mediato da Chisena.

In più occasioni, riferisce Ilardo, vide con i suoi occhi Chisena incontrare agenti dei Servizi, ricevere o consegnare documenti, ma anche valigie contenenti denaro contante, proveniente da sequestri e traffici illeciti.

Uno degli episodi più inquietanti si svolge a Piazza Cavour, a Roma, pochi giorni dopo il sequestro Moro: Savona e Chisena incontrano due agenti, e Chisena consegna loro alcune mazzette di denaro, presentandoli come “uomini dei Servizi”[4]

Se non bastasse Ilardo rincara la dose parlando di altri incontri che avvenivano sul traghetto Villa San Giovanni-Messina, un classico luogo neutro utilizzato per lo scambio di informazioni e denaro tra apparati e mafia.

Chisena era anche in possesso di tessere di copertura plastificate rilasciate dai Servizi, che fece distruggere ad Ilardo nel 1975 per evitare che cadessero nelle mani degli inquirenti.

La sensazione che Savona agisse, all’interno di questa rete, come coordinatore e garante degli equilibri e una conclusione che crediamo vada oltre la dimensione delle ipotesi.


Centro Sociologico, ‘ndrangheta e potere politico

Lo stesso Savona, per chi ancora nutrisse dei dubbi, nel 1991, finì sotto indagine anche da parte del giudice Giovanni Falcone che iniziò ad indagare  sul Centro Sociologico Italiano di Palermo, che si rivelò essere una copertura per logge coperte, tra cui “Giustizia e Libertà“, frequentata da Luigi Savona, Pino Mandalari, il commercialista di Totò Riina, Salvo Lima, democristiano legato a Giulio Andreotti ucciso a Palermo nel marzo del 1992, Mariano Agate, boss e capomandamento di Mazara del Vallo. A frequentare questi strani ambienti ritroviamo anche i camorristi Michele Zaza e Valentino Gionta, oltre ai boss legati alla ‘ndrangheta calabrese[1].

Il Centro ospitava 2441 iscritti, tra cui avvocati, giudici, imprenditori, militari, mafiosi, esattori, amministratori locali, molti dei quali in odore di appartenenza alla P2 o ad altre strutture massoniche deviate. Si trattava di un archivio vivente della penetrazione mafiosa nelle istituzioni.

Tra gli affiliati ritroviamo anche Federico Ardizzone, presidente del Tribunale fallimentare di Palermo, e figure come Joseph Miceli Crimi, Stefano Bontate, Giacomo Vitale, Salvatore Greco, i cugini Salvo e molti altri.

Secondo i documenti sequestrati, lo scopo di queste logge era posizionare uomini fedeli in ruoli chiave, gestire fondi neri, creare appalti fittizi e riciclare capitali mafiosi attraverso un sistema bancario permeabile.

Siamo di fronte ad un “sistema criminale” che ancora oggi, secondo il nostro modesto parere, dimostra la sua validà in alcune delle regione del nord italia: basti pensare al Veneto e alla Lombardia dove la presenza della ‘ndrangheta è sotto gli occhi di tutti.

Riclicare i proventi che arrivano dagli affari sporchi, il mercato della droga e gli appalti crediamo siano i settori di cui oggi la ‘ndragheta, o se mi passate il termine, le mafie, siano presenti in queste regioni in misura massiccia.

La connessione con la politica nazionale

Non poteva mancare in questo disegno losco il mondo della politica.

In questo quadro si inserisce anche l’intenzione – confermata da Ilardo – di Bernardo Provenzano di avviare rapporti diretti con l’entourage di Silvio Berlusconi, in vista delle elezioni del 1994. L’obiettivo era ottenere coperture normative e garanzie politiche. In questa prospettiva, Savona veniva considerato interlocutore privilegiato per la componente istituzionale del patto.

Ilardo non usò mezzi termini: secondo quanto riportato da Riccio, attribuì alle istituzioni deviate la responsabilità dell’omicidio del giudice Falcone[5]

Pochi mesi dopo, fu assassinato anche lui. Aveva deciso di collaborare ufficialmente con la magistratura. La data era fissata. Ma fu ucciso il 10 maggio 1996 a Catania, in un agguato rimasto senza colpevoli.

Conclusione: un’eredità scomoda da non dimenticare

Il caso Luigi Savona rappresenta il cuore oscuro del potere italiano. Una rete invisibile, ma concreta, che ha visto convergere mafie, logge deviate, settori istituzionali infedeli e poteri economici.

Le testimonianze di Luigi Ilardo, confermate da Michele Riccio e da documentazione investigativa e storica, ci restituiscono una verità ancora oggi sottaciuta.

Questo sito, pensato per onorare la memoria di Luigi Ilardo, vuole essere un tributo alla verità e al coraggio, ma anche un monito: senza conoscere questi meccanismi, l’Italia non potrà mai liberarsi davvero delle sue ombre peggiori.

Note

[1] Per maggiori approfondimenti vedi il rapporto “Grande Oriente” del 30 lugli del 1997, declassificato il 17 gennaio del 2018 reperibile sul web; vedi altresì Anna Vinci e Michele Riccio, La strategia Parallela, Zolfo, 2024;

[2] Rapporto “Grande Oriente” del 30 luglio del 1997, declassificato il 17 gennaio del 2018 reperibile sul web; vedi altresì Anna Vinci e Michele Riccio, La strategia Parallela, Zolfo, 2024;

[3] Ilardo con le sue rivelazioni delinea uno scenario identico a quello illustrato dal compianto giudice Ferdinando Imposimato. Un video che inviatiamo i nostri lettori a vedere cliccando QUI

[4] Rapporto “Grande Oriente” del 30 luglio del 1997, declassificato il 17 gennaio del 2018 reperibile sul web; vedi altresì Anna Vinci e Michele Riccio, La strategia Parallela, Zolfo, 2024;

[5] Rapporto “Grande Oriente” del 30 luglio del 1997, declassificato il 17 gennaio del 2018 reperibile sul web; vedi altresì Anna Vinci e Michele Riccio, La strategia Parallela, Zolfo, 2024;

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