La Borsa che camminava da sola (seconda parte)

Tutti la vedono, nessuno sa

Le testimonianze incrociate sulla borsa scomparsa

….continuiamo con il nostro approfondimento sul valzer della borsa del giudice Paolo Borsellino e sulla scomparsa dell’agenda rossa. Ancora una volta ci soffermeremo sui fatti basandoci sui documenti processuali esistenti. Riteniamo sia la cosa più giusta nel ricordare Paolo Borsellino 

Luigi Ilardo diceva che la memoria è il filo conduttore della vita. Sulla memoria si fondano la morale e la conoscenza. La memoria è la continuità della morale e della conoscenza. Chi dimentica, mai diventerà uomo.  

Le testimonianze sul prelievo della borsa

Due testimoni, giunti in via D’Amelio pochi minuti dopo l’esplosione, riferirono di aver avuto contatti diretti con la borsa del giudice Paolo Borsellino. I loro nomi sono:

  • Rosario Farinella, carabiniere in servizio come scorta dell’allora deputato Giuseppe Ayala;

  • Francesco Paolo Maggi, agente della Polizia di Stato.

Entrambi rilasciarono le proprie versioni tra il 2005 e il 2013, nel corso delle indagini e nei processi “Borsellino ter” e “Borsellino quater”.

La ricostruzione dei loro ricordi – pur segnata da alcuni elementi di contraddizione – consente di definire una cronologia dei movimenti della borsa, che appare e scompare più di una volta tra i detriti e la confusione post-strage.

Il primo prelievo della borsa

Secondo Rosario Farinella, lui, l’onorevole Ayala e il collega De Simone si trovavano all’hotel Marbella quando udirono l’esplosione. Da lì si recarono in via D’Amelio. Arrivati sul luogo, videro i corpi dilaniati della scorta e riconobbero il giudice dal volto e dai baffi.

“Abbiamo raggiunto l’abitazione e sono salito nell’appartamento della personalità (Giuseppe Ayala, ndr), il quale aveva anche udito l’esplosione, per cui siamo immediatamente scesi per recarci in direzione della stessa via D’Amelio. Ricordo che il fumo era perfettamente visibile da dove ci trovavamo. A bordo dell’auto di servizio abbiamo raggiunto la via Autonomia Siciliana e da lì, a piedi, abbiamo cercato di entrare nella via D’Amelio”

(verbale di sommarie informazioni rese da Rosario Farinella all’autorità giudiziaria il 2 marzo del 2006)

Farinella ebbe anche a precisare davanti alla Corte del procedimento Borsellino quater

“Mi trovavo a circa 50 − 100 metri in linea d’aria, eravamo all’hotel Marbella (…). Stavamo aspettando la personalità che doveva scendere. Subito dopo lo scoppio l’abbiamo avvisato e abbiamo capito che veniva il fumo di là, lui diceva che là ci abitava la mamma del giudice Borsellino. (…) Insieme a me c’era una carabiniere De Simone. (…) Ci siamo portati su quella parte, siamo arrivati quasi i primi di tutti, contemporaneamente ai vigili del fuoco e nemmeno potevamo entrare per le fiamme che c’erano. (…) Siamo arrivati, ho dato ordine al mio carabiniere di lasciare la macchina, di chiuderla e di stare con me e la personalità. (…) Appena arrivati andiamo dove c’era il cratere e, camminando, vediamo i corpi dei colleghi della scorta. Siamo entrati dentro il cortiletto, abbiamo visto il dottore che era lì per terra e l’abbiamo rico-nosciuto per via dei baffi. (…) Al momento abbiamo pensato solo alle vittime, poi appena siamo usciti le due macchine erano posizionate al centro della strada. Guardando le macchine, il dottor Ayala ha visto che c’era la borsa dentro il sedile posteriore”.

(Deposizione di Rosario Farinella al processo ‘Borsellino quater del 30 aprile 2013)

Dopo aver forzato la portiera della Croma con l’aiuto di un vigile del fuoco, Farinella notò una borsa in pelle perfettamente integra sul sedile posteriore. Tentò di consegnarla ad Ayala, che rifiutò con la motivazione di non essere più un magistrato in servizio. Lo stesso Ayala indicò allora a Farinella un uomo in borghese, che definì un ufficiale di Polizia o Carabinieri, chiedendogli di consegnargli la borsa.

Io personalmente ho prelevato la borsa dall’auto e avevo voluto consegnarla al dr. Ayala. Questi però mi disse che non poteva prendere la borsa in quanto non più magistrato, per cui io gli chiesi che cosa dovevo farne. Lui mi rispose di tenerla qualche attimo in modo da individuare qualcuno delle Forze dell’Ordine a cui affidarla. Unitamente a lui ed al mio collega ci siamo allontanati dall’auto dirigendoci verso il cratere provocato dall’esplosione, mentre io reggevo sempre la borsa. Dopo pochissimi minuti, non più di 5 − 7, lo stesso Ayala chiamò un uomo in abiti civili che si trovava poco distante (…)”…

(Verbale di sommarie informazioni testimoniali rese da Rosario Farinella all’autorità giudiziaria di Caltanissetta del 2 marzo 2006)

Secondo Farinella, l’uomo indicato da Ayala prese la borsa, parlò un po’ con l’ex PM e poi si diresse verso l’uscita di Via D’Amelio, direzione via Autonomia Siciliana

Lui (Farinella si riferisca ad Ayala ndr) ha individuato una persona e mi disse ‘appuntato, dia la borsa a …’ mi avrebbe detto il nome ma non ricordo ed io ho consegnato la borsa alla persona che mi ha detto il dottor Ayala, che io non conoscevo. Mi ha detto che era un ufficiale o un ispettore, mi ha detto che era un funzionario appartenente o alla Polizia o ai Carabinieri. (…) Era in abiti civili.

(Deposizione di Rosario Farinella al processo Borsellino quater del 30 aprile 2013)

A quanto racconta Farinella il dott. Ayala conosceva questa persona

è una persona che conosco io. Ayala gli disse ‘questa è la borsa che abbiamo preso dalla macchina del dott. Borsellino’.

L’ufficiale non disse niente, a parte un ‘ci penso io, non vi preoccupate’.

Farinella ebbe anche a precisare che la borsa non fu mai aperta e che nessuno si avvicinò mentre lui la teneva in mano.

A distanza di anni, dichiarò di non riconoscere l’uomo a cui l’aveva consegnata e di non ricordare che la persona a cui venne consegnata la borsa avesse una placca metallica di riconoscimento. (Deposizione di Rosario Farinella al processo ‘Borsellino quater’, del30 aprile 2013)

Un dettaglio significativo: la borsa – secondo Farinella – non presentava alcun danno da calore o da fumo. L’interno della Croma non era stato interessato dalle fiamme, e se lo fosse stato, aggiunse, “non avrebbero potuto nemmeno notare la borsa al suo interno”.

Le testimomianze di Farinella del 2006 e del 2013 sono quasi del tutto coerenti tranne per un particolare: nella seconda deposizione, come evidenziato anche dai giudici del Borsellino quater, Farinella ricorda di aver aperto lo sportello destro della macchina del giudice Borsellino.

Chi ha preso l'agenda rossa del giudice Borsellino?

Il secondo prelievo della borsa

Qualche tempo dopo, la borsa riappare nella stessa auto, stavolta parzialmente bruciata e bagnata dagli idranti.

Chi ha riportato la borsa all’interno della macchina del giudice Borsellino?

A distanza di trentatre anni l’autorità giudiziaria non è stata in grado di identificare il soggetto che riportò la borsa all’interno della macchina del giudice.

È l’agente Francesco Paolo Maggi ad avvistarla, mentre perlustra la zona.

La portiera posteriore sinistra era aperta, e la borsa si trovava sul pianale posteriore. Dopo aver fatto spegnere le fiamme da un vigile, Maggi recupera la borsa e la consegna al suo superiore, il funzionario Paolo Fassari, che gli ordina di portarla all’Ufficio della Squadra Mobile, nella stanza di Arnaldo La Barbera.

“Ripresi l’auto di servizio e ottemperai immeditamente a quanto disposto. Giunto in ufficio, ricordo che nel corridoio c’erano diversi colleghi (…) tra cui Di Franco, autista del dirigente, al quale spiegai la provenienza della borsa e la depositai sopra il divanetto che era ubicato sulla sinistra entrando nell’ufficio del dottor La Barbera, dopodichè ritornai in via D’Amelio(…) Non ho mai aperto la borsa ed escludo che il dottore Fassari lo abbia fatto in mia presenza…”

(Verbale di sommarie informazioni testimoniali rese da Francesco Paolo Maggi il 13 ottobre 2005)

Stranamente, però, nessuno confermerà mai di aver visto Maggi con quella borsa. Né Fassari, che non ricorda di aver mai dato l’ordine a Maggi di portare la borsa nella stanza del dottor La Barbera, né Di Franco, né altri colleghi della Mobile ricorderanno nulla di simile.

Altro mistero sembra avvolgere la relazione di servizio. Durante il processo Borsellino quater venne chiesto a Maggi di dare delle spiegazioni sul ritardo della stesura della relazione di servizio e sulla consegna della borsa in questura.

Difatti, la relazione di servizio che descrive l’episodio fu redatta cinque mesi dopo i fatti, su richiesta di La Barbera. Alla domanda del PM sul perché del ritardo, Maggi rispose:

“Sta relazione non so perchè non la feci al momento, l’ho fatta succesivamente e la consegnai al dott. La Barbera personalmente…Si magari lui si incavolò su questa cosa, disse ‘come mai ancora non l’hai fatta sta relazione?’ ‘dottore tra una cosa e un’altra non l’ho fatta… mi giustificai così’”.

(Deposizione di Francesco Paolo Maggi al processo ‘Borsellino quater’ del 20 maggio 2013)

Al peggio non c’è mai fine. A quanto racconta Maggi la relazione di servizio venne fatto stesa su richiesta di La Barbera perchè Maggi doveva essere sentito dal dott. Cardella, il pm che, all’epoca, si occupava delle indagini e del primo processo sulla strage di via D’Amelio 

“Mi venne richiesta la relazione dal dott. La Barbera perché dovevo essere sentito… a quel tempo dal dottor Cardella (…) La borsa era piena sicuramente ed era abbastanza pesante, conteneva materiale all’interno. (…) La borsa l’ho consegnata al collega Di Franco, era l’autista del dottor La Barbera. Entrammo insieme nella stanza del funzionario, del capo della mobile, sulla destra c’era un divano con delle poltrone e l’ha messa sul divano”.

(Deposizione di Francesco Paolo Maggi al processo ‘Borsellino quater’ del 20 maggio 2013)

Di Franco negherà fermamente di aver preso in carico la borsa e di aver incontrato Maggi che lo aveva chiamato in causa.

Quindi nonostante l’apparente dovizia di particolari di Maggi la sua versione non trova alcun riscontro ufficiale.   

Solo due vicequestori, Gabriella Tomasello e Andrea Grassi, riferiranno vagamente di aver visto una borsa in pelle, rispettivamente nella stanza del dottor La Barbera e in quella del dirigente della Sezione Omicidi. Il dottor Grassi ha ricordato di aver intravisto dalla borsa che era aperta, ‘alcuni effetti personali, quali un pantaloncino o una maglietta tipo tennis’. Effettivamente quest’ultimo indumento sarà effettivamente repertato nella borsa del giudice.

In questo scenario fatto di certezze disturbate da silenzi, la domanda diventa inevitabile.

Chi ha preso per primo la borsa?

Una borsa che cambia più volte padrone. Una verità che nessuno riesce – o vuole – afferrare.

Tra le tante incertezze di quel pomeriggio di sangue, la domanda più elementare resta sospesa da oltre trent’anni: chi ha preso per primo la borsa di Paolo Borsellino?
Chi ha compiuto quel gesto — all’apparenza neutro, forse perfino doveroso — che però ha dato il via alla sparizione dell’agenda rossa, al più clamoroso buco nero della storia giudiziaria italiana?

Secondo alcuni, come il giudice Paolo Scotto di Luzio, GUP che dichiarò il non luogo a procedere nei confronti di Giovanni Arcangioli per il reato di furto aggravato, il primo ad aver prelevato la borsa non sarebbe stato né Ayala né Farinella, ma Francesco Paolo Maggi.

Una tesi che, tuttavia, sembrerebbe non reggere sul piano cronologico e logistico. Le dichiarazioni e i dati oggettivi sui tempi di arrivo dei soggetti coinvolti in via D’Amelio spingerebbero a una conclusione diversa.

La dinamica degli arrivi

Rosario Farinella riferisce di essere partito assieme all’onorevole Giuseppe Ayala dal Marbella Residence, a circa 650 metri da via D’Amelio. Udirono distintamente l’esplosione e si precipitarono sul posto. Una distanza percorribile in pochissimi minuti. Lo stesso Farinella precisa di essere arrivato “quasi contemporaneamente ai vigili del fuoco”.

Francesco Paolo Maggi, invece, ricevette la notizia dell’attentato via radio. Prima di dirigersi verso la zona dell’esplosione, dovette recarsi a prelevare il funzionario Paolo Fassari presso la sua abitazione in Corso Pisani, ben 6 chilometri distante da via D’Amelio. Solo successivamente si misero in marcia.

È pertanto ragionevole e documentato sostenere che Farinella, accompagnato da Ayala e dal collega De Simone, sia arrivato in via D’Amelio prima di Maggi.

Anche l’orario registrato dall’arrivo dei Vigili del Fuoco, avvenuto alle ore 17:03, rafforza questa versione. Sarebbe altamente improbabile che Maggi e Fassari, partiti da molto più lontano, siano giunti sul posto insieme al primo mezzo antincendio.

Una questione di minuti (e di verità)

Non è un dettaglio da archivio: è una questione centrale.
Stabilire chi ha preso per primo la borsa significa capire, probabilmente, chi ha avuto l’occasione di accedere al suo contenuto in un momento in cui nessun controllo era possibile. Quei minuti immediatamente successivi all’esplosione sono stati lo spazio temporale perfetto per agire, prelevare, manipolare, nascondere.

Ecco perché il tentativo di spostare retroattivamente la responsabilità del primo prelievo su Maggi potrebbe apparire come un depistaggio in forma di interpretazione alternativa.

Una presunta strategia utile a confondere le acque, a diluire le responsabilità, a far vacillare le certezze processuali, laddove la realtà logistica sembrerebbe indicare un solo nome: Rosario Farinella.

Ma i misteri non finiscono qui  continueranno nella terza parte….

CONTINUA