"Due uomini, una borsa e un’agenda scomparsa: il mistero di via D’Amelio"
“La borsa contesa: cronaca di una verità scomoda”
Due uomini, una borsa e troppe verità
Abbiamo fin qui ricostruito alcuni passaggi cruciali del percorso della borsa di Paolo Borsellino: dalla sua presenza accertata nella Fiat Croma del giudice subito dopo l’esplosione, fino al momento in cui — secondo la versione ufficiale — sarebbe stata depositata in Questura, nella stanza del capo della Squadra Mobile, Arnaldo La Barbera. Ma se il tragitto della borsa appare, almeno in parte, tracciabile attraverso testimonianze e immagini, non lo sono affatto le responsabilità dirette su chi la prese, chi la consegnò e quando esattamente venne sottratta l’agenda rossa.
Le parti mancanti in questa inquietante catena di passaggi si annidano nei ricordi contrastanti, nei cambiamenti di versione, nelle omissioni e nelle ambiguità dei due testimoni chiave: Giuseppe Ayala, ex magistrato e parlamentare presente a via D’Amelio pochi minuti dopo l’attentato, e Giovanni Arcangioli, all’epoca capitano dei Carabinieri, immortalato da una videocamera mentre cammina con la borsa di Borsellino in mano, tra le macerie.
Sono proprio le loro parole mutevoli — e i loro silenzi — a rendere opaca la verità su uno degli episodi più delicati dell’intera vicenda: la sparizione dell’agenda rossa di Paolo Borsellino. E sarà attraverso le loro dichiarazioni, rese in contesti diversi e in anni differenti, che cercheremo di capire chi ha avuto in mano quella borsa, cosa vi era contenuto e perché nessuno, a distanza di oltre trent’anni, è stato mai ritenuto penalmente responsabile della sua sottrazione.
Ayala: cinque versioni, una sola borsa
Giuseppe Ayala, parlamentare nel 1992 ed ex magistrato del pool antimafia di Falcone e Borsellino è uno dei protagonisti più controversi della vicenda. Il suo nome compare in tutte le ricostruzioni del prelievo della borsa di Paolo Borsellino dalla Fiat Croma sventrata dall’esplosione.
Ma la sua testimonianza, non c’è ne voglia, non è mai stata lineare: nel corso di 15 anni, Ayala ha fornito cinque versioni differenti. Un racconto che cambia, si adatta, si contraddice. In alcuni casi, è lui a vedere la borsa e rifiutarla. In altri, a prenderla e consegnarla. In altri ancora, non ricorda chi fosse la persona in borghese o in divisa che gliel’ha passata. Solo due punti restano invariati: non sapeva che la madre di Borsellino abitasse in via D’Amelio e non ha mai conosciuto l’ufficiale a cui ha consegnato la borsa.
Prima Versione – 8 aprile 1998
Nella prima versione datata 8 aprile 1998, sette anni prima che comparisse la foto che ritraeva Arcangioli con in mano la borsa del giudice Borsellino, Ayala, sentito come persona informata dei fatti dai Pm Petralia e Palma, ha raccontato di aver sentito l’esplosione dal Marbella Residence, e di essersi recato a piedi in via D’Amelio
“…la vista dell’auto blindata che riconobbi come una di quelle della Procura mi diedero la certezza che si trattasse di un attentato in danno di un collega della Procura; non sapevo infatti che in quel luogo abitasse la mamma di Paolo Borsellino. Dal momento dello scoppio a quello del mio arrivo in via D’Amelio non trascorsero più di dieci−quindici minuti.”
Ayala ebbe anche a precisare che davanti alla macchina del giudice Borsellino c’era un ufficiale dei carabinieri in divisa che aprì la portiera, estrasse la borsa e fece il gesto di consegnargliela, ma lui rifiuto di prenderla in mano
“Guardammo insieme in particolare verso il sedile posteriore dove notammo tra questo e il sedile anteriore una borsa di cuoio marrone scuro con tracce di bruciacchiature e tuttavia integra, l’ufficiale tirò fuori la borsa e fece il gesto di consegnarmela. Gli feci presente che non avevo alcuna veste per riceverla e lo invitai pertanto a trattenerla per poi consegnarla ai magistrati della procura di Palermo non appena fossero intervenuti. Davanti a me la borsa non fu né aperta, né poggiata su un muretto (…). Non so poi a chi di fatto sia stata consegnata.”
Successivamente Ayala vide il corpo del giudice Borsellino ed incontrò il giornalista Felice Cavallaro, che lo invitò a tranquillizzare i suoi figli sul fatto che l’attentato non avesse avuto lui come bersaglio. Ayala decise allora di tornare a casa a telefonare.
Seconda versione – 2 luglio 1998 (Processo Borsellino TER)
Ayala conferma il racconto precedente, ma non è più certo che l’ufficiale fosse in divisa. Potrebbe essere stato un uomo delle forze dell’ordine in borghese.
Versione 3 – 12 settembre 2005
Con l’emersione della foto di Arcangioli con la borsa in mano, Ayala cambia completamente registro.
Davanti ai magistrati di Caltanissetta Francesco Messineo e Renato Di Natale modifica sostanzialmente alcuni punti cruciali rispetto alle sue precedenti deposizioni.
Ribadisce di essere arrivato in via D’Amelio a piedi e di non sapere che li abitasse la madre di Borsellino.
L’ex magistrato conferma di aver notato l’auto con l’antenna e di aver capito che fosse della Procura. Conferma di aver identificato il corpo di Paolo Borsellino.
Poi muta la sua versione: non sarà più l’ufficiale in divisa ad estrarre la borsa dalla macchina ma Ayala in persona e sarà lo stesso Ayala a consegnarla all’ufficiale
“Istintivamente mi allontanai qualche passo dell’auto di sopra e notai che lo sportello posteriore sinistro dell’autovettura – che non bruciava più − era aperto. Scorsi sul sedile posteriore una borsa di pelle bruciacchiata. Istintivamente la presi, ma mi resi subito conto che non avevo alcun titolo per fare ciò, per cui ricordo di averla affidata immediatamente ad un ufficiale dei Carabinieri che era a pochi passi. Era in divisa, perché diversamente non avrei potuto identificarlo come tale. Non riesco a ricordare se si trattasse della formale divisa oppure di una casacca come quelle che vengano adoperato in tali circostanze, comunque, non conoscevo l’ufficiale in questione. Nell’affidargli la borsa gli spiegai che probabilmente era la borsa appartenente al dottore Borsellino.”
Nel nuovo racconto, è lui a toccare la borsa. È lui a passare l’oggetto.
Ayala confermerà l’arrivo del giornalista Cavallaro ma, diversamente da quanto dichiarato al Borsellino Ter affermò di non essersi recato a casa per telefonare ai figli ma di essersi recato subito a Mondello.
Quando poi al giudice venne mostrata la foto di Arcangioli dichiarò di non aver mai conosciuto il capitano dei carabinieri precisando che
“Non posso escludere ma neanche affermare con certezza che detto ufficiale sia la persona alla quale io affidai la borsa. Per quanto posso sforzarmi di ricordare mi sembra che la persona alla quale affidai la borsa fosse meno giovane, ma può darsi che il mio ricordo mi inganni Insisto comunque nel dire che l’ufficiale ricevette la borsa e poi andai via”.
Ayala escluse in modo perentorio che sia stato l’ufficiale ad afferrare la borsa e a fare il gesto di passaglierla.
Infine Ayala cambia anche la versione, rispetto al 1998, per quanto attiene il tempo di rimanenza in via D’Amelio che lo attestà intorno ai venti minuti.
Quarta versione – 8 febbraio 2006
L’8 febbrao del 2006 dinnanzi ai magistrati nisseni Francesco Messineo e Renato Di Natale, Ayala fornisce una nuova versione dei fatti.
Questa volta Ayala dice di essere certo che ad estrarre la borsa dall’auto del giudice Paolo Borsellino non fosse in divisa ma in borghese. Quindi non fu lui ad estrarla, come esposto nella versione precedente ma la prese in mano e la consegnò ad un alto ufficiale in divisa.
A conforto della sua testimonianza Ayala cita un testimone: il giornalista Felice Cavallaro che entra in scena nel momento in cui la borsa viene estratta dalla macchina. Eppure in precedenza l’ex magistrato aveva dichiarato che Cavallaro era arrivato dopo il prelievo della borsa e dopo il riconoscimento del corpo di Paolo Bosellino.
Messo a confronto con il capitano dei carabinieri Arcangioli, che nel frattempo aveva dichiarato di aver ricevuto l’ordine di prendere la borsa, probabilmente, da Ayala e di avervi guardato all’interno assieme a lui, l’ex parlamentare Ayala fu fermissimo nel negare questa circostanza
“Nego quindi sia di avere comunque richiesto il prelievo della borsa, sia di avere in qualsiasi modo aperto la borsa stessa o visionato il contenuto della predetta. Per altro, in contrasto con quanto ha affermato il Col. Arcangioli, io in quella circostanza non ho mai attraversato la via D’Amelio e non mi sono mai portato sul lato opposto alla casa della madre di Borsellino. (…) Non credo di avere mai conosciuto in precedenza il Col. Arcangioli, che credo di aver incontrato oggi per la prima volta. Non sono in grado di affermare o escludere che lo stesso Col. Arcangioli si identifichi nella persona in borghese che estrasse la borsa dall’autovettura.”
Per quanto attiene al giornalista Felice Cavallaro, sentito dai magistrati Francesco Messineo e Renato Di Natale il 23 febbraio 2006, ha confermato la versione di Ayala, pur precisando che la borsa del giudice Borsellino si trovava sul pianale dell’auto e non sul sedile.
Il racconto di Cavallaro, ad onor di cronaca, è emerso dopo quattordici anni dalla strage e dopo quindici giorni che l’autorità giudiziaria aveva disposto il confronto tra Ayala e Arcangioli.
Ma il valzer della borsa non si ferma qui perchè lo stesso giornalista dopo tre anni, il 22 luglio del 2009, aggiunse che anche lui ebbe tra le mani la borsa di Borsellino
“(…) Eravamo accanto all’auto del giudice Borsellino con la portiera posteriore spalancata – ha detto Cavallaro – e fra il sedile anteriore dell’autoguida e la poltrona posteriore, proprio poggiata a terra, c’era una borsa di cuoio che una persona, credo un agente in borghese, ha preso e quasi consegnato a me, forse scambiandomi per un assistente (…) Fatto sta che questa borsa, avendola avuta per un istante così…avendola tenuta dal manico per un istante, io la stavo quasi pas-sando al giudice Ayala con il quale ci siamo scambiati… così… degli sguardi. (…) Giuseppe Ayala ha avuto la prontezza di spirito di… vedendo un colonnello dei Carabinieri o comunque un alto ufficiale dei Carabinieri, del quale non ricordiamo con esattezza né i gradi né pur-troppo il volto, (…) Il giudice Ayala ha consegnato questa borsa a un colonnello dicendo: − La tenga lei −”
Speciale Giustizia: i misteri di via D’Amelio, Conversazioni con Felice Cavallaro e Lino Jannuzzi, Sergio Scandura (Radio Radicale, 22 luglio 2009)
Nel procedimento Borsellino quater Cavallaro sentito il 29 aprile del 2013 ha confermato la versione fornita nel 2006 ed ha ribadito il dettaglio raccontato nel 2009 aggiungendo di non ricordare più il grado dell’ufficiale al quale fu consegnata la borsa ma confermò che fosse in divisa.
Lo stesso giornalista Cavallaro sentito lo stesso giorno dall’avvocato Repice, legale di Salvatore Borsellino, fratello del giudice assassinato, gli viene mostrato un articolo scritto dallo stesso datato il 26 luglio del 1992 nel quale Cavallaro parla dell’agenda rossa
“…C’è pure quello dell’agenda di Borsellino. E’ sparita? A sera una Tv attribuisce alla famiglia la notizia del ritrovamento, ma in Questura non si retrocede dal ‘no comment’ ed ogni dubbio resta”
(La pista tedesca porta ai sicari, Felice Cvallaro, Corriere della Sera, 26 luglio 1992)
Alla domanda dell’avvocato Repice di spiegare per quale motivo Cavallaro non abbia ritenuto importante, dopo aver scritto sull’agenda rossa, di comunicare all’autorità giudiziari di aver avuto per mano la borsa di Borsellino, il giornalista rispose
“(…) Non devo averlo messo in relazione a questo… a quella scena della borsa.”
Quinta versione – 23 luglio 2009
Ayala rilascia un’intervista al sito internet Affaritaliani.it dove riparla della scomparsa dell’agenda rossa sostenendo questa volta che fu lui a vederla, a prenderla e a consegnarla ad un ufficiale dei carabinieri
“La borsa nera di Borsellino l’ho trovata io, dopo l’esplosione, sulla macchina. Che ci fosse, nessuno lo può sapere meglio di me, perché l’ho presa io. Non l’ho aperta io perché ero già deputato e non avevo nessun titolo per farlo. A differenza di quanto si ricordi, io sono andato in Parlamento prima della morte di Borsellino e quindi non avevo nessun titolo per aprirla. Ma io sono arrivato per primo sul posto perché abito a 150 metri. Anche prima dei pompieri. Quando l’ho trovata l’ho consegnata ad un ufficiale dei Carabinieri. E’ verosimile che l’agenda fosse dentro la borsa e che sia stata fatta sparire”.
Ayala confermerà questa versione anche il 7 aprile del 2013 in occasione della manifestazione “FestivaLegalità” tenutasi a Venezia
Sesta Versione – 14 maggio 2013
Ayala dice di aver sentito l’esposione ed essersi diretto in macchina, con i ragazzi della scorta, in via D’Amelio dove giunse dieci minuti dopo lo scoppio dell’autobomba. Sul luogo si accorse di una macchina della procura e in seguito riconobbe il cadavere di Borsellino.
Ayala si avvicinò alla macchina del giudice e vide la borsa
“Siccome lo sportello aperto era quello lato… posteriore (…) e in un fotogramma ho visto quella borsa che era proprio sul sedile posteriore, non c’è dubbio, ed era proprio lì, vicinissimo a me. In quel momento è arrivato Felice Cavallaro, stravolto, (…) La borsa era lì, io me la sono ritrovata in mano, mi sembra che ci fosse uno che me l’ha… ma era questione di centimetri, era proprio lì, vicinissima, ripeto, io l’ho tenuta pochissimi secondi in mano, poi ho visto questo ufficiale dei Carabinieri e gli ho detto ‘guardi la tenga…’ anche perché io non avevo nessun titolo per tenerla, non essendo in quel momento in ruolo, non facevo il magistrato, (…) C’era qualcuno (in abiti borghesi) ma forse più di uno, lì vicino, ma c’era molta gente che si andava avvicinando. Io quello che ricordo perfetto era Cavallaro alla mia sinistra (…) e poi c’era questo ufficiale dei Carabinieri che era quasi di fronte a me e poi ho intravisto con la coda dell’occhio c’erano altre persone, tre, due, non me lo ricordo, certo non eravamo solo io, Cavallaro, questo ufficiale dei Carabinieri, (…).”
Quindi Ayala dichiara che non ricorda se ha preso lui la borsa o se gliel’hanno passata, ma di certo l’ha tenuta in mano per pochi secondi e l’ha poi consegnata a un ufficiale dei Carabinieri
“Ora, se materialmente l’ho presa io o se questa persona me l’ha data, io francamente questo è un dettaglio che non ricordo, non sta a me fare apprezzamenti e ci mancherebbe altro ma la cosa importante è che io questa borsa l’ho avuta in mano, non c’è dubbio e l’ho consegnata immediatamente a un ufficiale dei Carabinieri, e lì finisce il mio rapporto con la borsa.”
Esclude che qualcuno della sua scorta sia intervenuto o si sia adoperato nel prelievo della borsa.
Ayala ha anche negato di aver parlato con il giornalista Cavallaro sulla vicenda del prelievo della borsa. Eppure lo stesso ex magistrato, l’8 febbraio del 2006, aveva sostenuto di aver verificato assieme al giornalista i loro ricordi.
L’ex magistrato ha anche affermato, al pari di Felice Cavallaro, di non aver mai collegato la borsa del giudice alla sparizione dell’agenda rossa, di cui non venne a sapere per anni, nonostante su tutti i giornali, pochi giorni dopo la strage, scrivevano sulla vicenda.
Alla domanda del pm se Ayala avesse aperto o meno la borsa del giudice Borsellino, l’ex magistrato lo esclude in modo categorico.
Dall’esame delle carte processuali si riscontrono almeno sei versioni.
Chi ha preso la borsa per primo? A volte Ayala dice di no, a volte sì.
Chi gliel’ha consegnata? Ufficiali in divisa, uomini in borghese, agenti indistinti.
Quanto tempo è rimasto sul posto? Si passa da un’ora (1998) a venti minuti (2005–2013).
Conosceva Arcangioli?
Ma il mistero sull’agenda rossa non finisce qui perchè il valzer della borsa e delle parole continuerà con le deposizioni dell’allora capitano dei carabinieri Giovanni Arcangioli immortalato in un fotogramma con in mano la borsa del giudice