"Il club, la loggia e il giudice"
Abbiamo deciso di pubblicare un’articolata ricerca, divisa in capitoli, con la quale ci siamo impegnati a cercare di comporre un puzzle che ci auguriamo possa permettere ai lettori una lettura organica di alcune vicende che spesso vengono frammentate qua è la rendendo difficile la lettura sotto un’unica lente.
Abbiamo deciso di prendere le mosse occupandoci dell’ex procuratore capo della procura di Caltanissetta Giovanni Tinebra visto che nelle ultime settimane i magistrati nisseni hanno scoperto che Tinebra aveva sicuramente rivestito un ruolo di vertice nel club Kiwanis di Nicosia, organizzazione indicata come vicina alla Massoneria.
Partiremo da quest’ultima notizia e andremo a ritroso nell’approfondire, fino al giorno della strage di via D’Amelio del 19 luglio del 1992, rivelando i comportamenti e le azioni tenute dall’ex procuratore nisseno ed evidenziandone contraddizioni e anomalie segnalate anche dalle sentenze che sono state emesse sulla tragica fine del giudice Paolo Borsellino e dei suoi agenti di scorta.
Il punto di partenza: Giovanni Tinebra e la loggia coperta di Nicosia
La notizia di una presunta appartenenza del dottor Giovanni Tinebra alla Massoneria, a dirla tutta, non è una novità.
All’epoca erano numerose le voci che si rincorrevano su questa presunta appartenenza del procuratore capo nisseno a una loggia coperta.
A confortarci ci stanno anche le recenti dichiarazioni fatte a un quotidiano da parte dell’ex procuratore aggiunto di Catania Sebastiano Ardita che dal 2002 al 2011 ha ricoperto la carica di direttore generale del Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria)
“Non mi stupisce che si indaghi su questa appartenenza di cui, ai tempi, si parlava diffusamente, anche se non ne ho mai avuto la prova nel periodo in cui lavoravo al Dap”. D’altra parte, Tinebra era ormai così potente che anche un semplice indizio di quel presunto passato da massone avrebbe potuto indebolirlo pesantemente”.
A voler essere ancora più precisi, all’epoca, non era solo il nome di Tinebra che si sussurrava tra i corridoi, tra la gente o tra le redazioni dei quotidiani siciliani nell’ambito della procura di Caltanissetta.
Certamente non ci assumeremo la paternità di fare altri nomi non possedendo sufficienti elementi da poterci permettere il lusso di poterli menzionare.
Per contro ci conforta che la procura nissena sembra essere rivitalizzata da quando si è insediato il nuovo procuratore capo Salvatore De Luca che sta lavorando senza sosta per dare una risposta ai numerosi misteri che stanno alla base della mattanza di via D’Amelio quindi, com’è giusto che sia, ci rimettiamo all’autorità giudiziaria.
Com’è noto l’indagine che sta conducendo la procura nissena ha portato i carabinieri dei Ros, su delega della procura di Caltanissetta, alla perquisizione di “luoghi riconducibili” all’ex procuratore Tinebra che all’epoca fu responsabile della conduzione delle indagini immediatamente successive alla strage di via D’Amelio.
L’obiettivo è quello di vederci finalmente chiaro sul “contesto in cui si collocò l’accertato depistaggio” e “la sparizione dell’agenda rossa appartenuta in vita a Paolo Borsellino”.
Si tratterebbe di due abitazioni a Caltanissetta e un appartamento a Catania. Da quanto si apprende pare che sia stata aperta anche una cassetta di sicurezza.
Il club Kiwanis e la massoneria sotto copertura
La notizia che si sta vagliando la posizione di Tinebra e della sua presunta appartenenza ad una loggia coperta la danno proprio i magistrati di Caltanissetta
“È stato accertato che Giovanni Tinebra aveva sicuramente rivestito un ruolo di vertice nel club Kiwanis di Nicosia, organizzazione indicata come vicino alla Massoneria”
Secondo i pm ci sarebbe la concreta possibilità che esistesse “una loggia massonica coperta nella città di Nicosia, in provincia di Enna, di cui avrebbe fatto parte anche lo stesso Tinebra, in servizio presso la Procura della Repubblica di Nicosia ininterrottamente dal 1969 al 1992”.
La conferma di questo dato arriva anche “dalle recenti sommarie informazioni esperite nell’ambito del presente procedimento penale e rese da Giuliano Di Bernardo”
Le parole del Gran Maestro Giuliano Di Bernardo
Di Bernardo, massone e filosofo che rivestì la carica di Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia e che nel 1993, lasciata la Goi, diede vita, insieme ad altri otto fondatori, alla Gran Loggia Regolare d’Italia.
È stato proprio Di Bernardo che sentito dalla procura di Caltanissetta l’8 novembre del 2024 a confermare il legame tra i club Kiwains e la massoneria, legame che assumeva una forte valenza soprattutto nell’ambito locale
“Sono a conoscenza del fatto che ci sono stati rapporti molto forti tra i club Kiwanis e le logge massoniche; tra di essi si era venuta a creare un’intesa molto forte in diverse regioni in Italia, tra cui anche in Sicilia, nel senso che tra gli appartenenti a detti club vi erano anche soggetti massoni. Trattasi di rapporti che, pur non incidendo su dinamiche nazionali, nelle dinamiche locali possono avere una grandissima rilevanza”.
Questo è il dato da cui partire che potrebbe, forse, spiegare alcuni comportamenti tenuti dall’allora capo della procura di Caltanissetta Giovanni Tinebra che andremo ad approfondire nei particolari nel nostro viaggio che ci condurrà al cuore dei depistaggi di via D’Amelio.
Fabio Venzi e il sistema dei club paralleli alla massoneria
Ma per chi avesse ancora dubbi ci sta l’audizione (che riportiamo in allegato per chi volesse leggerla) del Gran Maestro della “Gran Loggia Regolare d’Italia” Fabio Venzi tenuta in Commissione parlamentare antimafia il 24 gennaio del 2014. Le parole di Venzi rafforzano il ragionamento dell’ex maestro venerabile Di Bernardo. Anche Venzi ha sollevato la questione dei rapporti tra massoneria e club come il Kiwanis
“…l’obbedienza massonica è una forma associativa come tante altre forme associative presenti in Italia, soprattutto nel Meridione. Le dico questo perché una cosa che accade spesso è che gli iscritti alla massoneria, alla libera muratoria, sono contemporaneamente iscritti anche ad altre forme associative. Parlo del Rotary, dei Lions, dei Kiwanis. In queste associazioni i massoni di varie obbedienze – ed è l’unico posto dove avviene – si incontrano. Quindi, sarebbe ancora più interessante, secondo me, analizzare queste realtà, perché sono le uniche realtà all’interno delle quali la massoneria irregolare e regolare va a incontrarsi. Spesso, quindi, i presentatori incontrano i presentati all’interno del Rotary o del Kiwanis. Molti iscritti alla massoneria ne sono presidenti.”
🔽 Scarica il documento integrale dell’audizione di Fabio Venzi in Commissione Antimafia (PDF)
Gioacchino Pennino: il “Terzo Oriente” e il potere segreto
Pare che nell’ambito dell’indagine abbiano assunto particolare rilievo anche le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Gioacchino Pennino.
Medico, affermato professionista, militante nella Dc, dapprima nella corrente che faceva capo al corleonese Vito Ciancimino, condannato per mafia, e poi in altre correnti democristiane.
Massone per sua stessa ammissione e uomo d’onore “riservato” della famiglia mafiosa di Brancaccio, Palermo.
Abbiamo postato anche un video che darà ai lettori la piena comprensione dell’importanza del personaggio.
Grazie a Gioacchino Pennino che si sono potuti conoscere i legami tra Cosa Nostra e la massoneria e non solo.
I suoi verbali di interrogatorio sono stati riportati all’attenzione pubblica dal procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo e furono depositati agli atti del processo contro la ‘ndrangheta denominato “Processo Gotha”.
Per quel che a noi interessa il Pennino nel 1998, da come si legge in un articolo su AntimafiaDuemila, aveva dichiarato:
“Quanto alla nascita del ‘Terzo Oriente’, ribadisce le precedenti dichiarazioni, specificando come quest’ultima struttura sia sorta sulle ceneri della P2 e come, al pari della P2, si proponesse di affiliare tutti coloro di cui non si poteva rendere manifesta l’appartenenza massonica, al fine di creare un organismo capace di gestire il potere al di sopra dei partiti e del Governo. A parlargli di tale organizzazione furono principalmente Giuseppe Lisotta, medico, cugino di Vito Ciancimino, nonché Antonino Schifaudo, i quali esplicitamente gli manifestarono la loro appartenenza al ‘Terzo Oriente’, facendogli alcuni nomi di persone affiliate ed in particolare: (… omissis …), Cinà Antonino, medico (era il medico del capo dei capi Totò Riina) di cui ha parlato dettagliatamente in altri verbali, l’imprenditore Buscemi ed altre persone”.
Chi era Gioacchino Pennino
Angelo Siino, il banchiere Calvi e l’intreccio criminale-massonico
Pare che anche altre dichiarazioni abbiano colto l’attenzione degli organi inquirenti come quelle fornite dall’ex collaboratore di giustizia, Angelo Siino, morto nel 2021, noto negli anni ’80 come il ministro dei lavori pubblico di Cosa Nostra, in quanto ambasciatore di Totò Riina in Sicilia.
Massone anch’esso, essendosi affiliato alla loggia massonica CAMEA di Santa Margherita Ligure, cui aderiva anche il cugino di Stefano Bontate, Giacomo Vitale. Il Siino riuscì ad allargare la sua rete di relazioni importanti nella borghesia criminale dell’epoca che secondo i suoi racconti lo portarono a conoscere il banchiere, nonché presidente del Banco Ambrosiano, Roberto Calvi, il banchiere di Dio, visto i suoi rapporti dell’epoca con lo Ior di Marcinkus, che fu al centro di una bancarotta considerata uno dei gravi scandali finanziari italiani. La mattina del 18 giugno, Calvi venne trovato impiccato ad una impalcatura collocata sotto al Ponte dei Frati Neri, sul greto del Tamigi, a Londra, in circostanze che vennero ritenute sospette: oltre al passaporto falso, aveva 16mila dollari addosso e mattoni infilati nelle tasche e all’interno dei pantaloni.
Giuseppe Mandalari e la loggia invisibile
Tornando alle dichiarazioni di Siino pare che questo ebbe a ricostruire in maniera dettagliata, alla fine degli anni ’90, alla procura di Napoli, i suoi rapporti con Salvatore Spinello, massone anch’esso, in rapporti con Giuseppe Mandalari, il commercialista di Totò Riina, condannato per associazione mafiosa e che negli anni ’60 si era iscritto all’obbedienza massonica di Piazza del Gesù nella fazione che faceva capo al Gran Maestro Ceccherini. Quando nel 1973 i seguaci di Ceccherini si unirono con il Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani la loggia a cui Mandalari apparteneva rifiutò inizialmente il trattato di unificazione.
Non è chiaro se a causa di ciò Mandalari fu allontanato dall’obbedienza.
Per quasi 25 anni non risulta ufficialmente iscritto a nessuna loggia ma risulterebbe appartenere a logge coperte e irregolari. Inizia quindi la collaborazione con Totò Riina e per questo viene arrestato un paio di volte e quindi rimesso in libertà.
L’elenco delle società amministrate da lui è lunghissimo: quelle che fanno capo ai Vernengo, ai Badalamenti, a Giuseppe Giacomo Gambino, ai Greco, a Diego Madonia e a molti altri boss.
Le società amministrate gestivano anche il denaro di alcuni sequestri di persona dell’Anonima Liggio”.
Nel ’72, Mandalari era stato in lista col Movimento sociale italiano, insieme al sottosegretario alla Difesa del primo governo Berlusconi Guido Lo Porto. Viene arrestato nel dicembre ’94. L’accusa contestatagli è “di aver gestito attività economiche di esponenti di Cosa Nostra tra i quali Riina Salvatore… avvalendosi anche della solidarietà che il vincolo massonico comporta”.
Salvatore Spinello: “Tinebra è dei nostri”
Ritornando al racconto di Siino pare che il Spinello si fosse presentato a lui quale massone che voleva creare una super loggia massonica segreta ove potessero confluire esponenti del mondo della politica dell’imprenditoria e della criminalità con l’obiettivo di tessere dei rapporti di reciproca convenienza e sviluppare una efficace capacità di infiltrazione negli apparati pubblici.
E di questo suo progetto ebbe anche a riferire con Giuliano Di Bernardo a cui fece un riferimento esplicito alle logge siciliane soffermandosi proprio su quella di Nicosia, oggi sotto la lente di ingrandimento da parte della procura di Caltanissetta, sottolineando la presenza al suo interno di un
“personaggio estremamente in auge…che è in posizione di grande rispetto, di grande, eh, di grande giurisdizione”.
Spinello si spinge oltre perché facendo riferimento agli aderenti alla sua obbedienza, aveva affermato in una conversazione che
“Tinebra è dei nostri anche lui, era della loggia di Nicosia … io, naturalmente, quando vado là, non vado pubblicamente ad abbracciarlo, perché non voglio comprometterlo”.
Nel cuore del depistaggio: il ruolo di Tinebra dopo via D’Amelio
La vicenda Tinebra ci porta lontano in questa tragica storia che ebbe inizio il 19 luglio del 1992 quando l’Italia venne privata di un magistrato e di un uomo coraggioso che la lotta alla mafia la faceva davvero.
La figura di Tinebra ci condurrà al generale Mario Mori, al dottor Contrada, al capo della mobile di Palermo dell’epoca La Barbera, alle parole che Luigi Ilardo, l’infiltrato per conto dello Stato all’interno di Cosa Nostra, eliminato la sera del 10 maggio dl 1996, ebbe a dire sul suo conto.
Il personaggio Tinebra ci porterà nel cuore del depistaggio che si mise in moto subito dopo la mattanza di via D’Amelio. Depistaggio forse iniziato prima del 19 luglio del 1992 in quei terribili 55 giorni in cui si fece terra bruciata attorno al nostro giudice.
Ma di questo ce ne occuperemo a breve segui il nostro sito.
Guglielmo Bongiovanni