Il processo che non si è mai celebrato – Perché Giovanni Arcangioli fu prosciolto
Questo capitolo ripercorre nel dettaglio le principali tappe dell’indagine condotta dalla Procura della Repubblica di Caltanissetta sulla scomparsa dell’agenda rossa di Paolo Borsellino. Al centro dell’inchiesta, la posizione di Giovanni Arcangioli, all’epoca dei fatti capitano dei Carabinieri, accusato inizialmente di aver sottratto la borsa contenente l’agenda, con l’aggravante di favoreggiamento mafioso. Alla fine, sarà prosciolto con la formula “per non aver commesso il fatto”.

🧾 La fotografia che fece riaprire tutto
La vicenda ha inizio il 27 gennaio 2005, quando una fonte riservata rivela l’esistenza, in uno studio fotografico di Palermo, di un’immagine che ritrae un uomo in abiti civili, subito dopo la strage di via D’Amelio, con in mano la borsa di Borsellino.
Il 17 febbraio, il fotografo Paolo Francesco Lannino consegna quella fotografia agli inquirenti. L’uomo immortalato nella scena viene identificato in Giovanni Arcangioli.
Da quel momento prende il via un’indagine durata quasi quattro anni, durante la quale Arcangioli viene prima iscritto nel registro degli indagati per falsa testimonianza.
⚖️ Il verdetto del non luogo a procedere
Il 1° febbraio 2008, il GIP Ottavio Sferlazza dispone l’estensione delle accuse: furto aggravato da favoreggiamento a Cosa Nostra.
Ma appena due mesi dopo, il 1° aprile 2008, il GUP Paolo Scotto di Luzio chiude il procedimento con una decisione drastica: non luogo a procedere, “per non aver commesso il fatto”. Il 17 febbraio 2009, la VI Sezione Penale della Corte di Cassazione, presieduta dal giudice Giovanni De Roberto, conferma definitivamente il proscioglimento di Arcangioli. Le motivazioni della sentenza vengono depositate il 18 marzo 2009.
Quello che colpisce è che il contenuto della sentenza definitiva emerga pubblicamente dopo nove mesi di ritardo, il 18 novembre 2009, grazie a una nota APCOM che titola: “Mafia: Agenda rossa Borsellino non era in borsa il giorno strage”. La notizia viene rilanciata come se fosse una certezza giudiziaria assoluta, un fatto ormai accertato. In realtà, l’effetto sembra essere quello di depotenziare l’impianto accusatorio costruito dalla procura nissena, screditandola implicitamente.
Si può parlare di un metodo subdolo per tentare di delegittimare la procura di Caltanissetta che voleva rinviare a giudizio Arcangioli e che fu “bastonata” dalla Cassazione?
Quella stessa procura – vale la pena ricordarlo – è quella che da anni indaga sui cosiddetti mandanti occulti delle stragi.
Il sospetto che quella “verità rivelata” sia stata fatta emergere per mettere a tacere definitivamente l’inchiesta è forte. E anche se le sentenze della Cassazione non sono impugnabili, nulla vieta di sottoporle a un’analisi critica.
Questo saggio, quindi, si propone di evidenziare le numerose contraddizioni, omissioni e debolezze che caratterizzano le motivazioni sia del GUP che della Suprema Corte. Alcune ci sembrano superficiali, altre perfino paradossali.
Ai lettori il compito di giudicare. Tutti i documenti originali della vicenda giudiziaria – dal gennaio 2005 al marzo 2009 – sono disponibili sul sito www.19luglio1992.com.
🧨 “Mafia: Agenda rossa Borsellino non era in borsa il giorno della strage”
📰 Titolo rilanciato da APCOM il 18 novembre 2009, mesi dopo il deposito della sentenza.
L’articolo 425 e la chiusura anticipata delle indagini
Secondo l’art. 425, comma 3, del codice di procedura penale, il GUP può disporre il non luogo a procedere “anche quando gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizio”. In altre parole: se non c’è una base solida per istruire un processo, meglio non celebrarlo affatto.
Questo è l’impianto normativo utilizzato dal GUP Paolo Scotto di Luzio per archiviare il procedimento. A suo dire, le testimonianze raccolte risultano troppo frammentarie e contraddittorie, e la loro rielaborazione in aula – a distanza di anni – non offrirebbe alcuna certezza aggiuntiva.
La conclusione è chiara: la vicenda è troppo compromessa per essere illuminata da un dibattimento. E allora, meglio chiudere il fascicolo senza passare dal processo.
🧠 Ricordi deboli, verità negate
Il problema è che, se si legge con attenzione la motivazione di Scotto, si scopre che molte delle questioni più controverse – dalla gestione della borsa alla presenza di Arcangioli sul luogo della strage – vengono liquidate in modo sbrigativo. Nessun dubbio, nessun approfondimento.
Peggio ancora: la Suprema Corte accoglie questa impostazione in blocco. La sentenza della Cassazione, lunga appena poche pagine, riprende integralmente la ricostruzione del GUP, senza mettere in discussione alcun passaggio.
Ma le domande rimaste aperte sono ancora molte: perché la borsa venne maneggiata in modo così disinvolto? Perché nessuno redasse un verbale immediato? E soprattutto, dove finì l’agenda rossa?
Una verità che non si è voluta cercare
A pochi giorni dall’ennesima commemorazione della strage di via D’Amelio, ci sembra doveroso tornare su uno dei capitoli più oscuri di quella giornata: la sparizione dell’agenda rossa e la mancata apertura di un processo a carico di chi quella borsa la ebbe tra le mani.
Non basta ricordare Paolo Borsellino. Bisogna anche denunciare ciò che non è stato fatto. E finché questi misteri resteranno irrisolti, il ricordo stesso sarà mutilato.
Quella memoria, quel diario del giudice, quel simbolo di verità che qualcuno ha trafugato per sempre, pesa ancora come una pietra sul cuore della giustizia italiana.
Il saggio continua…
Il nostro approfondimento proseguirà analizzando come e perché il giudice Paolo Scotto di Luzio arrivò alla decisione di non luogo a procedere nei confronti di Giovanni Arcangioli. Cercheremo di capire quali valutazioni processuali, quali omissioni e quali considerazioni abbiano condotto alla chiusura anticipata del procedimento, senza mai varcare le soglie di un dibattimento pubblico.
Se ci è concesso, i dubbi non riguardano tanto la colpevolezza o innocenza dell’ufficiale, che è stato definitivamente prosciolto, quanto piuttosto la gestione complessiva della vicenda giudiziaria, che lascia intravedere opacità, resistenze e storture in un sistema che – proprio su via D’Amelio – sembra aver rinunciato a cercare fino in fondo la verità.
Guglielmo Bongiovanni
Approfondisci: il dossier completo sull’agenda rossa
Vuoi conoscere tutta la storia della sparizione della borsa e dell’agenda di Paolo Borsellino? Leggi i capitoli precedenti del nostro dossier:
La Borsa che cammina da sola (prima parte)
La Borsa che cammina da sola (seconda parte)
La Borsa che cammina da sola (terza parte)
La Borsa che cammina da sola (quarta parte)
La Borsa che cammina da sola (quinta parte)
Un vero schifo…non si doveva/voleva risalire alla verità troppo scomoda per il potere