I mandanti esterni delle stragi

Luigi Ilardo e i Mandanti Esterni: Verità Sepolte dietro le Stragi Italiane

Le Rivelazioni di Ilardo: Un Ponte tra Mafia e Istituzioni Deviate

Per anni il colonnello dei Carabinieri Michele Riccio ha condiviso con Luigi Ilardo riflessioni e rivelazioni che andavano ben oltre il perimetro dell’antimafia tradizionale. In quei colloqui – oggi riportati in molti lavori di scrittori, in numerosi provvedimenti e sentenze emesse dai tribunale e oggetto di valutazione in più sedi – prende corpo una delle ipotesi più delicate e incendiarie sulla stagione delle stragi italiane: quella dei mandanti esterni, cioè di soggetti esterni a Cosa nostra, legati a settori deviati dello Stato, alla massoneria, a frange della destra eversiva, che avrebbero ispirato, protetto e in alcuni casi diretto le azioni più sanguinose della mafia.

A parlarne, in modo circostanziato, fu proprio Luigi Ilardo, che decise di collaborare sotto copertura con lo Stato e che nel 1996, a un passo dalla formalizzazione della sua collaborazione con la magistratura, la sua voce fu messa a tacere prima che potesse essere ascoltata in un’aula di giustizia.

Una Strategia di Potere Mascherata da Terrorismo

Non è affatto un mistero che Ilardo aveva descritto un disegno che affondava le radici nei primi anni Settanta, una strategia eversiva e stragista alimentata da un blocco di potere trasversale e pervasivo, capace di rigenerarsi nel tempo:

“una continuità dello stesso ambiente politico-istituzionale”,

come la definisce Riccio, che avrebbe fatto ricorso ai servizi segreti e alla massoneria per tenere insieme interessi e silenzi. A suo dire, i vertici di Cosa nostra non sarebbero stati gli unici registi delle stragi, ma piuttosto gli esecutori materiali di una strategia concepita altrove.

Non era solo mafia, dunque. Era un sistema, una rete di potere parallela che utilizzava la mafia come braccio operativo per mantenere un determinato equilibrio politico e sociale. Ilardo sosteneva che dietro gli attentati del biennio ‘92-‘93 – quelli che costarono la vita a Falcone e Borsellino – non c’erano solo logiche mafiose, ma interessi esterni molto più ampi.

Omicidi Eccellenti e Apparati dello Stato: Il Puzzle Incompleto

Nel racconto di Ilardo, il legame tra mafia e potere istituzionale deviante non era episodico, ma strutturale: un sistema criminale ad alta sofisticazione che trovava la sua forza nel ricambio interno, nella sostituzione degli attori, ma non delle logiche

“Colonnello, lei, per capire quali siano i mandanti delle stragi del 1992-1993, deve pensare che quegli ambienti che hanno ispirato queste stragi del 1992-1993 sono gli stessi ambienti, ai quali ho partecipato anch’io, che le hanno poste in essere anche nei primi anni ’70”

È in questo quadro che si inserisce la lista di nomi e fatti che Ilardo avrebbe voluto consegnare ai magistrati: omicidi eccellenti, come quelli di Pio La Torre, Piersanti Mattarella, Giuseppe Insalaco, la strage di Capaci ma anche delitti meno noti al grande pubblico ma carichi di significato, come quello del piccolo Claudio Domino o dell’agente Emanuele Piazza, che secondo quanto riferito avrebbero coinvolto direttamente apparati dello Stato come il Sisde.

Significativa anche la testimonianza, raccolta da Riccio, su un agente dei servizi descrittogli dal boss Madonia come una “persona alta, magra e di brutto aspetto”, presente in occasione dell’attentato fallito all’Addaura contro Giovanni Falcone nel 1989. Una descrizione che Ilardo sintetizzò con un’espressione destinata a entrare nella cronaca giudiziaria: “faccia da mostro”, alias Giovanni Aiello, coinvolto in tutte le stragi degli anni ’90.

Il Collaboratore Silenziato: La Verità Interrotta

Da mesi che il nostro gruppo sta approfondendo la vicenda di Luigi Ilardo e giorno dopo giorno emerge un quadro davvero inquietante fatto di omissioni, di ritardi, di bugie.

Ma quello che rende il caso Ilardo ancora più inquietante è la sistematicità dell’isolamento che ha subito prima della sua morte. Nonostante le sue segnalazioni, nonostante gli incontri con Riccio, la sua collaborazione non venne mai formalizzata. E il giorno fissato per firmare i verbali e diventare ufficialmente un testimone di giustizia, Ilardo venne ucciso sotto casa, a Catania.

Un’esecuzione che oggi appare tanto mirata quanto “funzionale”: impedire che quelle verità – scomode, destabilizzanti – arrivassero nei palazzi della giustizia. La sua eliminazione, in questo senso, sembra rientrare in un disegno più ampio: quello di proteggere alleanze e interessi rimasti fino ad oggi intoccabili.

Secondo Riccio, Ilardo avrebbe potuto ricostruire i canali attraverso cui Cosa nostra stringeva patti con pezzi dello Stato e della finanza, rivelando nomi, modalità operative, e rapporti consolidati.

Nomi come quello di Marcello Dell’Utri, oppure la citazione di Gianni Chisena e Luigi Savona, figure ibride, opache, presenti nei contesti più critici di quegli anni.

Figure di Confine: Chi Sono Davvero i Mediatori del Potere?

Ilardo parlava di uomini che non erano né completamente mafiosi né completamente istituzionali. Erano ponti viventi tra mondi proibiti, terminali di decisioni che avvenivano in zone grigie, lontano da ogni controllo. Chisena e Savona, a detta sua, facevano parte di questo universo. Non solo referenti, ma ingranaggi di un meccanismo invisibile.

Eppure, su questi nomi non si è mai aperta un’indagine strutturata. Alcuni di loro hanno continuato indisturbati le proprie attività, protetti da un muro di omertà che non ha nulla da invidiare a quello delle famiglie mafiose.

Interrogativi Senza Risposta: Perché la Giustizia ha Taciuto?

Ma allora, perché la magistratura non ha mai davvero indagato su questi intrecci?
Perché i nomi, i luoghi, i delitti indicati da Ilardo non sono mai diventati oggetto di un’inchiesta seria e sistematica?
Chi aveva interesse a fermarlo prima che potesse parlare ufficialmente?
Chi lo ha tradito?
Chi ha guadagnato dal suo silenzio?
E soprattutto: è ancora possibile raccogliere i frammenti della verità che Ilardo stava cercando di consegnare allo Stato?

Sono domande che pesano come macigni. E che aspettano ancora una risposta.

Nel frattempo, la figura di Gianni Chisena, tra le più enigmatiche evocate da Ilardo, continua a restare avvolta nel mistero.

Ma di lui, e non solo, parleremo presto.
Questa è una storia che non può non essere raccontata ed è quello che faremo.

 

Guglielmo Bongiovanni

Chi era Luigi Ilardo nel racconto che ne fa Nino Di Matteo, giudice impegnato nella lotta contro Cosa nostra

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