Gianni Chisena: Il burattinaio invisibile (prima parte)

Gianni Chisena, capitolo finale: Il burattinaio invisibile tra mafia, massoneria, servizi segreti ed eversione. La storia che Luigi Ilardo poteva raccontare

Ilardo e il silenzio interrotto

Ci è sembrato utile chiudere in due parti il capitolo Chisena fornendo un quadro generale e coerente su quello che è stato sviluppato attraverso la ricerca su questo strano e ambiguo personaggio. Infine si è voluto facilitare i lettori che volessero approfondire le proprie conoscenze con un sistema di note linkabili che si possono consultare

Luigi Ilardo doveva diventare un collaboratore di giustizia. Il 10 maggio 1996, pochi giorni prima dell’incontro programmato con i magistrati per la sua ufficializzazione, viene assassinato a Catania. Nove colpi di pistola chiudono per sempre la bocca a un testimone che aveva conosciuto dall’interno un sistema criminale che andava ben oltre Cosa Nostra. 

Se Ilardo fosse rimasto vivo, avrebbe potuto raccontare ciò che nessun altro pentito fino a quel momento era stato in grado di rivelare: l’esistenza di una struttura parallela, un sistema che collegava mafia, massoneria, servizi segreti e ambienti eversivi dell’estrema destra​​​ [1]

Al centro di questo sistema c’era un nome: Gianni Chisena.

Un massone, un latitante, un mediatore tra criminalità organizzata e apparati deviati dello Stato. Fu lui a introdurre Ilardo nel mondo di Cosa Nostra, quando era ancora giovanissimo. Non era un semplice affiliato, ma uno stratega. Un uomo che si muoveva con disinvoltura tra Torino, Catania, Reggio Calabria e Roma, portando con sé contatti, ordini, coperture, esplosivi e protezioni.

Secondo quanto Ilardo raccontò al colonnello dei Carabinieri Michele Riccio, che lo seguì come confidente,

“Chisena non solo era collegato ai Servizi, ma agiva come loro emissario”​[2]

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Ilardo conosceva i dettagli, i nomi, i luoghi. Raccontava con precisione dei viaggi in traghetto tra Villa San Giovanni e Messina, luoghi in cui si svolgevano incontri segreti tra uomini dei servizi e mafiosi. Descriveva le basi militari da cui Chisena prelevava valigie piene di esplosivo al plastico, le agende sequestrate a magistrati collusi dove apparivano numeri di telefono collegati alla sua famiglia, le operazioni coperte tra Stato e mafia, e soprattutto il coinvolgimento del suo mentore in vicende storiche ben più grandi della criminalità organizzata[3]

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“Se si vogliono capire i mandanti delle stragi del 1992-1993 – diceva Ilardo – bisogna guardare lontano, agli stessi ambienti che le hanno ispirate negli anni ’70”​[4]

È in questa frase che si condensa tutta la portata delle rivelazioni che avrebbe potuto fornire.

Eppure, di Luigi Ilardo oggi si parla poco. E ancora meno si conosce la figura cruciale di Gianni Chisena, l’uomo che lo guidò, lo istruì e infine – forse senza volerlo – lo condannò a morte.

Ilardo, attraverso Chisena, era arrivato a sfiorare il cuore del potere nascosto: quello che si muoveva nei salotti massonici, nelle caserme coperte, nei palazzi della giustizia e dietro le quinte della politica.

Questa capitolo conclusivo ricostruisce, passo dopo passo, la rete di relazioni, protezioni e complicità di cui Gianni Chisena fu protagonista assoluto. Seguendo fedelmente le testimonianze raccolte da Michele Riccio e i documenti oggi disponibili, proveremo a delineare il profilo di un uomo che fu crocevia tra mafia, eversione e Stato. Un uomo che, come Ilardo, avrebbe potuto raccontare tutto. Ma che, come Ilardo, fu messo a tacere.

Chi era Gianni Chisena

Come abbiamo visto la figura di Gianni Chisena emerge con contorni oscuri e inquietanti. Non era un boss, non un killer, non un politico né un agente dello Stato. Eppure, era tutto questo insieme. Un massone, un latitante, un mediatore, un intermediario strategico tra realtà apparentemente inconciliabili: Cosa Nostra, ‘Ndrangheta, Servizi Segreti deviati, massoneria e persino le Brigate Rosse[5]

L’uomo dell’ombra

Luigi Ilardo lo incontrò quando era ancora giovane. Chisena, allora latitante, si era rifugiato proprio presso la famiglia Ilardo. Lì nacque un sodalizio che avrebbe segnato il destino del giovane catanese: fu lui a introdurre Ilardo negli ambienti mafiosi, facendolo diventare il suo autista personale e il suo uomo di fiducia​[6]

Torino, la latitanza e i rapporti strategici

Negli anni ’70, Chisena si muoveva tra Sicilia, Calabria e soprattutto Torino, che divenne uno dei suoi snodi strategici. Qui strinse rapporti con Luciano Leggio, boss dei corleonesi, e con Domenico Tripodo, il “mammasantissima” della ‘Ndrangheta. I due, entrambi latitanti, trovavano rifugio e appoggi attraverso la rete tessuta proprio da Chisena, che si appoggiava a figure come Ignazio Pullarà, mafioso palermitano legato ai corleonesi​ [7]

Torino non era scelta a caso: era la città dove si incontravano interessi criminali, massonici e politici. Ed è lì che Chisena agiva con grande abilità, stringendo contatti con massoni influenti, tra cui il Gran Maestro Luigi Savona, originario della Sicilia ma operante a Torino, indagato per i suoi legami con Ordine Nuovo, il gruppo eversivo neofascista​[8]

Fu proprio Chisena a creare i presupposti per l’arrivo in Sicilia di Savona, realizzando così l’ingresso ufficiale di Cosa Nostra nella massoneria tra il 1975 e il 1977. Secondo Riccio, fu in quegli anni che si concretizzò un patto: la massoneria garantì copertura e sostegno alla mafia in cambio di protezione economica, giudiziaria e logistica in vista di un possibile colpo di Stato e della secessione della Sicilia[9]

Il sistema “grigio”: dove lo Stato si fonde con il crimine

Chisena agiva in un sistema grigio, come lo definiva Ilardo: un’area liminale dove non si distingue più lo Stato dalla mafia, dove apparati ufficiali si mescolano a reti occulte, dove l’illegalità si traveste da legalità. Riccio, durante l’audizione del 26 aprile 2017 alla Commissione Moro, parlò esplicitamente di una struttura parallela, un’organizzazione trasversale composta da uomini interni alle istituzioni che usavano i criminali come braccio armato​[10]

La rete mafiosa: Madonia, Santapaola e Leggio

Chisena aveva rapporti diretti con i Madonia di Caltanissetta, la famiglia di appartenenza di Ilardo, ma anche con Nitto Santapaola, boss di Catania, e con Luciano Leggio, leader storico dei corleonesi. Questi legami venivano gestiti fin dagli anni ‘70 a Torino, dove Chisena viveva la sua latitanza, ma continuavano anche in Sicilia e in Calabria.[11]

Lì, Chisena si muoveva come un diplomatico tra cosche: era lui a trattare, a garantire, a mediare. Secondo il colonnello Riccio:

“Chisena è l’uomo che mette in contatto la ‘Ndrangheta calabrese con le famiglie siciliane e ‘Cosa Nostra’, cioè con Domenico Tripodo, Nitto Santapaola e i Madonia di Caltanissetta”​[12]

Uno dei nodi più significativi, di questo intreccio, come abbiamo visto, è rappresentato dalla Liquichimica di Saline Ioniche, un’impresa formalmente destinata alla produzione di bioproteine ma in realtà utilizzata da Chisena per coprire traffici illeciti​

La rete di potere con la ‘Ndrangheta

Se Cosa Nostra fu l’ambiente naturale in cui Gianni Chisena si mosse con disinvoltura per decenni, fu nella ‘Ndrangheta calabrese che il suo ruolo assunse una dimensione strategica nazionale. Fu lui a tessere le trame più sottili tra le famiglie mafiose siciliane e le potenti cosche calabresi. Lo fece nel silenzio, con abilità, usando strumenti diversi: le imprese pubbliche, gli impieghi fittizi, gli spostamenti protetti, le coperture massoniche e i rapporti con i Servizi segreti.

Il potere che lo proteggeva

La capacità di Chisena di muoversi tra i clan mafiosi e le istituzioni derivava da protezioni altolocate. Era considerato un referente affidabile non solo per boss come Leggio o Santapaola, ma anche per soggetti esterni alla mafia, come agenti dei servizi segreti e magistrati. Un esempio lampante è Luigi Moschella, magistrato messinese e massone, con il quale Chisena aveva rapporti stretti e duraturi, come vedremo in seguito[13]​

Gianni Chisena non era un semplice uomo d’onore. Era l’architetto occulto della criminalità organizzata, il connettore di mondi separati, colui che riusciva a trasformare una struttura mafiosa in un sistema trasversale di potere. Un potere che, per decenni, ha operato indisturbato al di sopra della legge.

Continua

Guglielmo Bongiovanni

Note:

[1] Per maggiori approfondimenti vedi sul nostro sito: Chisena parte prima, parte terza e parte quarta;

[2] Per maggiori approfondimenti vedi sul nostro sito: Chisena parte quinta;

[3] Per maggiori approfondimenti vedi sul nostro sito: Chisena parte seconda e parte quinta

[4] Per maggiori approfondimenti vedi sul nostro sito: Chisena parte prima e parte terza

[5] Per maggiori approfondimenti vedi sul nostro sito: Chisena parte prima, parte seconda e parte  quarta

[6] Per maggiori approfondimenti vedi sul nostro sito: Chisena parte prima;

[7] Per maggiori approfondimenti vedi sul nostro sito: Chisena parte prima;

[8] Per maggiori approfondimenti vedi sul nostro sito: Chisena parte prima;

[9] Per maggiori approfondimenti vedi sul nostro sito: Chisena parte prima;

[10] Per maggiori approfondimenti vedi sul nostro sito: Chisena parte prima;

[11] Per maggiori approfondimenti vedi sul nostro sito: Chisena parte prima;

[12] Per maggiori approfondimenti vedi sul nostro sito: Chisena parte prima e parte terza

[13] Per maggiori approfondimenti vedi sul nostro sito: Chisena parte prima e parte quinta

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