
“Verità sotto attacco: il nuovo volto della censura di Stato”
Le vittime delle stragi si ribellano al tentativo di oscurare la memoria storica e la giustizia
🟥 1. Un pericoloso ritorno all’oblio
“Limitare la consultazione e la pubblicazione delle sentenze, nel caso in cui queste riguardano episodi di terrorismo o altri eventi di pubblico interesse per il Paese, è un tentativo di censura storica”.
Questo è la denuncia lanciata dal presidente dell’associazione delle vittime della strage di Bologna, Paolo Bolognese, contro una direttiva che potrebbe limitare la consultabilità delle sentenze.
La direttiva, a quanto si legge, emessa dal direttore degli Archivi di Stato, vorrebbe limitare la consultabilità degli atti giudiziari, tra cui quelli relativi alla strage di Bologna. La circolare pur riconoscendo la pubblicità delle sentenze come principio fondamentale dell’ordinamento tenta di restringere tale diritto. Secondo il direttore degli Archivi di Stato si violerebbe il diritto alla privacy delle persone oggetto degli atti giudiziari
🟥 2. Il contesto: un’Italia che arretra sul piano della verità
In un Paese dove l’attuale Commissione parlamentare antimafia dà la netta sensazione di essere eterodiretta e condizionata dall’esterno.
In un Paese dove il decreto di sicurezza divenuto legge desta viva preoccupazione per l’ampliamento sproporzionato delle garanzie funzionali riconosciute anche per reati gravissimi come il terrorismo, riportando pericolosamente alle condizioni di cui i servizi segreti hanno fatto in passato pessimo uso, come testimoniano i costanti depistaggi, se non vere complicità, che hanno accompagnato tutte le vicende delle stragi che hanno insanguinato il nostro paese, allontanando la ricerca dei colpevoli e la completa verità.
Oggi arriva l’ulteriore conferma che si vorrebbe far calare il sipario sulle stragi e sugli attentati negando il passato con il finire di riconoscere le sentenze definitive che fanno comodo, disconoscendo invece l’attendibilità di quelle che non sono utili e funzionali al progetto dell’oblio e che anzi ne costituiscono intralcio.
🟥 3. Le stragi sono collegate: il diritto a conoscere non si tocca
Il presidente dell’associazione dei familiari vittime della strage di Bologna non ha dubbi al riguardo sottolineando che la pubblicazione e la consultabilità delle motivazioni delle sentenze sono considerate indispensabili per la ricerca storica, per la memoria collettiva, ma anche per la possibilità di riconoscere i nessi che uniscono tra loro le varie stragi, da Bologna a Piazza della Loggia, da Capaci a via D’Amelio.
Concetto ribadito anche dal sostituto commissario Mario Ravidà nell’intervista che abbiamo pubblicato sul nostro sito che invitiamo i lettori a leggere.
🟥 4. La memoria come strumento di verità
Del resto oggi se abbiamo una parziale verità sulla strage fascista di Bologna lo dobbiamo grazie alla ricerca storica, alla produzione documentale e all’impegno messo in campo da Paolo Bolognese e ciò è stato reso possibile grazie alla consultazione di una mole di documenti, sentenze, verbali che hanno permesso di aggiungere ulteriori tasselli di verità sulla strage del 2 agosto del 1980.
🟥 5. Una circolare contro la legalità
In un comunicato stampa dell’associazione dei familiari, tra le altre cose firmato anche da Luana Ilardo, Salvatore Borsellino, Angela Manca ed altri, denunciano che questa circolare rappresenta una violazione del principio di legalità, perché la legge stabilisce che tanto il dispositivo quanto la motivazione della sentenza, se letti in pubblica udienza, siano pubblici e dunque divulgabili. Richiamano in particolare l’articolo 545, comma 2 del codice di procedura penale, che sancisce la possibilità di lettura integrale della motivazione della sentenza e il suo inserimento a pieno titolo negli atti pubblici.
🟥 6. Non è vendetta, è difesa della libertà
L’appello lanciato dall’associazione dei familiari non solo vuole fare chiarezza, ma è anche un invito alla mobilitazione civile. I familiari delle vittime non stanno solo chiedendo giustizia per il passato: stanno difendendo il diritto alla verità per le generazioni future. E non lo fanno in nome della vendetta, ma della memoria, della trasparenza, della libertà.
Dopo quarantacinque anni di battaglie giudiziarie, dopo archiviazioni, depistaggi e verità negate, oggi si trovano di fronte a una nuova sfida: non far cadere nell’oblio ciò che la giustizia ha già riconosciuto. Il loro comunicato è una denuncia lucida e potente di un pericolo reale: che le istituzioni democratiche si pieghino, ancora una volta, a logiche di silenzio e rimozione.
🟥 7. La matrice fascista è un fatto giudiziario, non un’opinione
I familiari delle vittime si sono uniti ancora una volta in un grido forte, chiaro e soprattutto politico: non è possibile commemorare senza riconoscere la matrice fascista della strage.
Su questo aspetto non vi è nessun dubbio di sorta e a darci conforto ci sono una serie di sentenze che lo testimoniano.
La sentenza sulla strage Bologna ma anche la sentenza sulla strage dell’Italicus avvenuta nella notte tra il 4 e il 5 agosto del 1974 e soprattutto la sentenza sulla strage di piazza della Loggia a Brescia del 28 maggio 1974 parlano di strage avente una chiara matrice fascista.
Nelle motivazioni dell’ultima sentenza sulla strage di Brescia, luglio 2025, con la quale si condannava in primo grado all’ergastolo Marco Toffaloni, ritenuto autore materiale della strage si legge: “L’attentato di piazza della Loggia è il primo ad essere qualificato giuridicamente come strage politica in base all’articolo 285 del c.p.”
Fu lo stesso ministro degli interni dell’epoca, il democristiano Mariano Rumor, che nella seduta del Consiglio dei ministri del 30 maggio del 1974, riconobbe che la strage di piazza della Loggia è una strage di chiara matrice fascista.
🟥 8. La destra e il rifiuto di fare i conti con la storia
C’è la netta sensazione che una parte della destra italiana non voglia guardare nel proprio “album di famiglia”. Il rifiuto di riconoscere apertamente la matrice neofascista delle stragi diventa oggi un pericoloso alleato del silenzio istituzionale.