Arcangioli e la borsa di Borsellino: un mistero fotografato e archiviato”

"Mani sulla borsa, occhi sul palazzo: il mistero di Arcangioli e dell’edificio fantasma"

….Continuiamo il nostro racconto sulla strage di via D’Amelio e sui più noti misteri che a distanza di trentatrè anni sono rimasti tali.

La sparizione dell’agenda rossa è uno di questi misteri rimasti irrisolti.

Attorno alla figura dell’allora capitano dei Carabinieri Giovanni Arcangioli ruotano alcuni dei più fitti e inquietanti misteri della strage di via D’Amelio. Non solo fu immortalato con in mano la borsa di Paolo Borsellino, poi ritrovata priva della famosa agenda rossa, ma i suoi uomini – secondo quanto ricostruito nel nostro dossier Il palazzo scomparsosi aggiravano nelle ore immediatamente successive all’esplosione attorno al palazzo Graziano, l’edificio poi scomparso dalle relazioni ufficiali.

Basti pensare alla relazione dell’allora funzionario della Criminapol catanese Mario Ravidà la cui vicenda invito i lettori a leggere.

Un palazzo “fantasma”, dove avrebbero potuto trovarsi gli uomini che azionarono il telecomando che fece esplodere la 126 posteggiata davanti all’abitazione della madre del dott. Borsellino. 

Non è solo la borsa ad essere sparita in via D’Amelio ma interi spezzoni di verità che sono stati cancellati, messi a tacere o manipolati. E in questo inquietante mosaico, la figura di Arcangioli ritorna, silenziosa e decisiva, ogni volta che si tocca il cuore più scomodo della verità su via D’Amelio.

Giovanni Arcangioli, all’epoca capitano dei Carabinieri e oggi colonnello in congedo, è l’uomo immortalato nella celebre fotografia con in mano la borsa di Paolo Borsellino in via D’Amelio. Le sue dichiarazioni, rese a partire dal 2005 e poi ribadite nel corso di interrogatori e udienze, costituiscono un tassello cruciale e, al tempo stesso, controverso nella vicenda della sparizione dell’agenda rossa.

Giovanni Arcangioli, il fotogramma che riprende il tenente colonnello dei carabinieri con la borsa del giudice Borsellino

La prima versione – 5 maggio del 2005: L’agenda non c’è

Davanti ai magistrati Francesco Messineo e Renato Di Natale, Arcangioli offre un resoconto relativamente ordinato.

Arcangioli dice di essere arrivato sulla scena dove trovò all’opera i Vigili del fuoco e per quanto dice di ricordare arrivò per primo l’ex magistrato Giuseppe Ayala

“Allorché giunsi sul posto la scena del delitto non era stata ancora pe-rimetrata anche se erano già arrivati elementi del Battaglione Carabinieri che stavano provvedendo a delimitare la zona. Vi erano all’opera i Vigili del Fuoco e, per quanto posso ricordare, arrivò per primo il magistrato dottor Ayala che abitava nei dintorni; vi erano poi abitanti dei palazzi e semplici curiosi. Esaminai la scena e, avendo rinvenuto i resti del dott. Borsellino, mi fermai immediatamente in attesa dell’arrivo degli esperti e di coloro che avrebbero dovuto attivare le indagini. Aggiungo che all’inizio non avevo neanche riconosciuto l’autovettura del dott. Borsellino che per la violenza e il calore dell’esplosione aveva perduto la vernice della parte posteriore tanto da sembrare bianca”

L’ex capitano dei carabinieri aggiunse poi che sul posto si recò il dottor Teresi e anche il dott. Di Pisa, magistrato di turno.

A questo punto Arcangioli dice ai magistrati che Ayala lo informò che doveva esistere un’agenda tenuta dal dott. Borsellino, circostanza negata da Ayala

Non ricordo se il dottor Ayala o il dottor Teresi, ma più probabilmente il primo dei due, e sicuramente non il dottor Di Pisa, mi infor-marono del fatto che doveva esistere una agenda tenuta dal dottor Borsellino e mi chiesero di controllare se per caso all’interno della vettura vi fosse una tale agenda, eventualmente all’interno di una borsa. Se non ricordo male, aprii lo sportello posteriore sinistro e posata sul pianale, dove si poggiano di solito i piedi, rinvenni una borsa, credo di color marrone, in pelle, che prelevai e portai dove stavano in attesa il dottore Ayala e il dottore Teresi. Uno dei due predetti magistrati aprì la borsa e constatammo che non vi era all’interno alcuna agenda, ma soltanto dei fogli di carta. Verificato ciò, non ricordo esattamente lo svolgersi dei fatti. Per quanto posso ricordare, incaricai uno dei miei collaboratori di cui non ricordo il nome, di depositare la borsa nella macchina di servizio di uno dei magistrati”

Quindi dal racconto dell’ex capitano dei carabinieri a prelevare la borsa di Borsellino fu Arcangoli che la portò dove stavano in attesa il dottor Teresi con l’ex magistrato Ayala. Uno dei due magistrati aprì la borsa e accertò che l’agenda all’interno della borsa non c’era rinvendo solo dei fogli di carta, quindi Arcangioli incarica uno dei suoi collaboratori, di cui non ricorda il nome, a depositare la borsa nella macchina di servizio di uno dei magistrati.

La seconda versione – 8 febbraio 2006: l’agenda non c’è, ma neanche i magistrati

Nel confronto con Ayala dell’8 febbraio 2006, Arcangioli introduce importanti differenze.

Stavolta ricorda solo la presenza del dottor Ayala, esclude Teresi e Di Pisa.

Cambia anche la destinazione della borsa: non più un’auto di servizio, ma la borsa, dopo averla controllata, venne riposizionato nella stessa auto del giudice.

Nuovo dettaglio: all’interno della borsa si troverebbe un crest dei Carabinieri. Afferma che non si trattava di un oggetto rilevante e di non aver ritenuto necessario redigere alcuna annotazione

“Non ho ricordo certo dell’affermazione relativo al fatto che il dottor Ayala e il dottor Teresi mi ebbero ad informare dell’esistenza di un’a-genda tenuta dal dottor Borsellino. (…) Non ricordo con certezza se io o il dottor Ayala aprimmo la borsa per guardarvi all’interno, mentre ricordo che all’interno vi era un crest dell’Arma dei carabinieri e non ricordo se vi fosse qualche altro oggetto. Mi sembra, ricordando bene, che non vi fossero fogli di carta. Così come non posso confermare di aver io stesso o uno dei miei collaboratori deposto la borsa nella macchina di servizio di uno dei due magistrati, mentre ritengo di aver detto di rimetterla o di averla rimessa io stesso nell’auto di servizio del dottor Borsellino. Sul momento non ritenni di redigere alcuna annotazione perché non attribuivo alcun valore alla borsa non avendovi rinvenuto niente per la prosecuzione delle indagini. (…) All’inizio si era incerti sulla competenza a procedere, tanto è che pensavo che procedessimo come Nucleo Operativo, poi ci fu detto che procedeva il R.O.S e, da ultimo, fu stabilito che procedeva la Polizia di Stato”.

Alla domanda dei PM sul tragitto compiuto con la borsa, Arcangioli parla di un movimento verso i palazzi “di fronte all’abitazione della mamma del dottor Borsellino” e aggiunge “non ricordo se scendendo in direzione di via Autonomia Siciliana o in direzione opposta” specificando però di non aver mai superato il cordone di polizia che sbarrava via D’Amelio.

Quando apre la borsa, dice, Ayala è con lui. Ma non sa se la preleva lui stesso o se qualcun altro gliela consegna. Anche in questo caso, tutto resta avvolto da un “non ricordo preciso”. Arcangioli riferisce di avere riferito tutto al suo superiore Capitano Minicucci

“Posso comunque affermare con certezza che quando ho aperto la borsa per esaminarne il contenuto mi trovavo nel luogo che già ho indicato e cioè sul lato opposto della via D’Amelio rispetto alla casa della madre del dottore Borsellino. Non so dire però a quale altezza rispetto all’asse longitudinale della strada. Quando ho aperto la borsa credo di ricordare che era con me il dottore Ayala; credo anche di ri-cordare che vi era altra persona, di cui però non so indicare alcun ele-mento identificativo. Per quanto posso ricordare il prelievo della borsa fu da me effettuato su richiesta di un magistrato che, per esclusione, dato che non si trattava del dottore Teresi, credo di poter identificare nel dottor Ayala. La verifica del contenuto, per quanto ricordo, fu una iniziativa condivisa con il dottor Ayala. (…) Non riesco a ricordare se la prelevai direttamente io ovvero se fu altra persona di cui comunque non conservo memoria. (…) Ricordo di aver verbalmente riferito al mio superiore dell’epoca, Capitano Minicucci, in ordine al contenuto della borsa del dottore Borsellino ed in particolare che vi si trovava un crest dei Carabinieri.”

Arcangioli, quindi, introduce nella scena il suo superiore che all’epoca era il capitano dei carabinieri Marco Minicucci, il quale, sentito conferma quello che disse Arcangioli circa il rinvenimento della borsa e del coinvolgimento di un magistrato presente sul posto, di cui, però, non ha ricordato il nome.

La terza versione: non ricordo, ma non sono l’unico

Il 14 maggio 2013, al processo ‘Borsellino quater’, Arcangioli si presenta scosso. Denuncia apertamente il “linciaggio mediatico” seguito alla pubblicazione della foto e dice di non sentirsi in condizione di fornire una testimonianza utile. Il risultato è una deposizione debole, piena di omissioni, incertezze e tentennamenti.

Ammette: “Quando mi hanno dato quella borsa, l’ho aperta, ho controllato. Non ho visto niente di importante. C’era solo il crest dei carabinieri”.

Non ricorda di averla presa lui, immagina che qualcuno gliel’abbia passata. Afferma: “Non ricordo cosa fece Ayala, ma ricordo che era presente”. E sulla mancata relazione di servizio: “Non avevo il dovere di farla. A me è stato contestato, ad altri no”. Accenna con amarezza ad altri attori — come Maggi o lo stesso Ayala — che non furono chiamati a rispondere delle loro versioni mutanti o delle loro omissioni.

Sottolinea, inoltre, che negli atti del suo procedimento non furono acquisiti i verbali integrali, ma solo dei riassunti. E ribadisce più volte che le sue incertezze erano manifeste fin dall’inizio.

L’intercettazione
Il 24 maggio 2010 la DIA di Caltanissetta, lavorando ad un’indagine diversa da quella sulla scomparsa dell’agenda rossa (DDA di Caltanissetta, Proc. pen. nr. 2554/09 ex 1861/08) ha intercettato una telefonata tra Massimo Ciancimino, testimone e imputato nel processo in corso a Palermo sulla trattativa Stato-mafia, e la giornalista Elvira Terranova.
Durante la conversazione intercettata Ciancimino e Terranova parlano dell’agenda rossa e di un colonnello:

Terranova: “Per altro, all’uscita, il colonnello mi ha voluto fermare e mi ha detto: ‘Mi dispiace se le ho creato problemi … però … io, insomma mi sono trovato in grosse difficoltà ho dovuto querelare … quindi mi dispiace per averla fatta venire qui, capisco che è un momento un po’ così ma anche io, insomma ho avuto i miei problemi’… ho detto no, si figuri …”.
Ciancimino: “… Si … va bè … (si accavallano le voci) … fai … quello che piglia l’agen… quello che piglia la borsa … ma digli che se la vadano a pigliar… ”
Terranova: “… E infatti alla fine che abbiamo discusso, gli ho detto scusi, ma mi toglie una curiosità? … sta agenda rossa dove caspita è finita? …fa “allora non mi crede? … io non me lo ricordo a chi l’ho data la borsa e poi non è detto che ci fosse l’agenda rossa dentro”.
Ciancimino: “Si la moglie… che fa è pazza? Dai!! (si riferisce ad Agnese Borsellino, che testimoniò che il marito avesse con sè l’agenda quando partì per via D’Amelio quel giorno, NdA)”.
Terranova: “… Non lo so … la moglie … anche il figlio … pure Manfredi aveva detto che c’era l’agenda … bò, non lo so, io oggi (accavallano le voci) …”
Ciancimino: “Gli assistenti di Falcone!!! Dai … gli assistenti di Falcone … no, può essere che ancora prima che arrivasse lui qualcun altro l’ha levata, io questo non lo escludo”.
Terranova: “… No, lui ha fatto un po’ così … notare una cosa … dice: “Ayala, la prima cosa che ha fatto invece di preoccuparsi se era morto Borsellino mi ha fatto aprire con il piede di porco la blindata che era ovviamente tutta chiusa … (accavallano le voci)”.
Ciancimino: “… Allora chi è paraculo campa cent’anni …”
Terranova: “… Io ho detto va beh. Ma Ayala dico non è mai stato indagato … e lui fa: ‘Appunto, come mai’.”
Ciancimino: “… Ayala … non ricordo … ricordo … chi è paraculo campa cent’anni …”

Durante un’udienza del processo ‘Borsellino QUATER’ l’avvocato di Salvatore Borsellino, Fabio Repici, ha chiesto a Giovanni Arcangioli se conoscesse la giornalista Elvira Terranova e se a lui capitò mai di parlare con lei del processo e dell’agenda rossa. Nella sua risposta Arcangioli sembra confermare l’incontro di cui si parla nella telefonata intercettata:

“Elvira Terranova l’ho conosciuta molto dopo, perché a seguito delle notizie che sono uscite sulla mia persona ho presentato una serie di denunce e credo che la giornalista Elvira Terranova abbia oblato per il reato di pubblicazione di notizie coperte da segreto.
Non ricordo di aver parlato della borsa di Borsellino al telefono, l’ho vista al tribunale di Catania quando ha oblato. Mi disse che le mie denunce le avevano provocato dei problemi (…) ed io le dissi che in questo modo dovevo tutelare la mia persona e la mia immagine (…). L’argomento si spostò… le dissi che io poiché ero stato, diciamo così, indagato e imputato perché i miei ricordi erano labili e sicuramente fallaci, e quindi ero stato per false indicazione al PM e poi per furto aggravato mentre lo stesso trattamento non era stato riservato ad altre persone il cui ricordo era altrettanto labile e le cui versioni si erano modificate nel corso degli anni. Feci riferimento in particolare al dottor Ayala”.

Testimonianze di Giovanni Arcangioli al processo ‘Borsellino quater, A.G. di Caltanissetta (14 maggio 2013)

Una memoria a intermittenza

Sul ruolo del tenente colonnello Giovanni Arcangioli, la giustizia italiana ha infine scritto la parola “proscioglimento”. Dopo essere stato indagato per il reato di furto aggravato con l’aggravante di aver favorito Cosa Nostra, il procedimento a suo carico si è chiuso con una sentenza di proscioglimento “per non aver commesso il fatto”. Ma resta un vuoto inquietante fatto di ricordi vaghi, versioni che si contraddicono, testimonianze incomplete e domande ancora aperte.

E proprio in questo spazio indefinito, fatto di testimonianze che si contraddicono e verità che sfumano, continueremo il nostro viaggio.

Nel prossimo capitolo ci occuperemo proprio di questa sentenza di proscioglimento, esaminandone le motivazioni, i punti critici e le anomalie emerse nel corso delle indagini. Perché anche quando i processi si concludono, il bisogno di verità non si archivia mai.

Guglielmo Bongiovanni

CONTINUA

Questo articolo ha un commento

  1. Orlando

    Non ricordo…non ricordo…non ricordo bene…in parecchie versioni allucinanti.

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