"La borsa, le mani, il potere: storia di un’agenda che fa paura"
🔁Stai leggendo la quinta parte del nostro dossier sull’agenda rossa.
Leggi anche le puntate precedenti:
🔹La Borsa che cammina da sola (prima parte)
🔹La Borsa che cammina da sola (seconda parte)

“Chissà, forse un uomo delle istituzioni ha in mano l’agenda rossa di Paolo: sono sicura che esiste ancora. Non è andata dispersa nell’inferno di via d’Amelio, ma era nella borsa di mio marito, borsa che è stata recuperata integra, con diverse altre cose dentro. Sono sicura che qualcuno la conserva ancora l’agenda rossa, per acquisire potere e soldi. Quell’uomo che ha trafugato l’agenda rossa sappia che io non gli darò tregua. Nessun italiano deve dargli tregua.”
(Agnese Borsellino, “Ti racconterò tutte le storie che potrò”, intervista di Salvo Palazzolo, Feltrinelli, 2013)
Quelle parole non sono solo uno sfogo. Sono un’accusa lucida, diretta, pesantissima. Un atto d’amore e di guerra. Perché se c’è una verità che non possiamo più ignorare è che l’agenda rossa di Paolo Borsellino non è andata distrutta nell’esplosione di via D’Amelio. È stata sottratta. Scientemente.
E lo è stata mentre i corpi delle vittime erano ancora caldi.
L’agenda rossa: cronaca di una sparizione annunciata
Dopo aver analizzato le testimonianze e ricostruito i passaggi chiave della giornata del 19 luglio 1992, possiamo oggi delineare con maggiore precisione ciò che sappiamo — e ciò che ancora manca — sul destino della borsa e dell’agenda rossa di Paolo Borsellino. Un mistero che, a distanza di oltre trent’anni, rimane ancora senza un colpevole e senza giustizia.
Dalle dichiarazioni raccolte nei vari procedimenti giudiziari — in particolare durante il processo Borsellino Quater — emergono alcune certezze. Il giudice Borsellino partì da casa con la sua agenda rossa. Lo confermano i familiari: quella mattina era sulla scrivania di casa a Villagrazia di Carini. Ma al momento della partenza non c’era più. Significa che l’aveva portata con sé.
Subito dopo la strage, la borsa del giudice viene avvistata all’interno della Croma blindata, posata sul sedile posteriore.
Stando alle dichiarazioni fornite da Giuseppe Ayala, Giovanni Arcangioli e Rosaro Farinella si evince che lo sportello dell’auto del giudice Borsellino fu aperto pochi istanti prima che fosse fatta sparire la borsa del magistrato.
Francesco Paolo Maggi, invece, dice di aver trovato lo sportello già splancato.
Il quadro più coerente sembra suggerirci che il dott. Ayala e il caposcorta Farinella, che sono i primi a giungere sul luogo della strage, abbiano aperto la macchina, con l’aiuto di un vigile del fuoco e abbiano prelvato la borsa ancora integra e l’abbino consegnata ad un persona non meglio identificata.
È qui che si apre il primo vuoto: chi era davvero quella persona? Era Giovanni Arcangioli? Oppure un ufficiale dei carabinieri?
Il dato certo è che la borsa compare poco dopo nelle mani di Arcangioli, fotografato mentre si allontana in direzione dell’uscita di via D’Amelio. Secondo vuoto: perché Arcangioli si muove in quella direzione con la borsa? A chi la consegna? Dove va?
Qualche tempo dopo, la borsa riappare di nuovo all’interno dell’auto del giudice, questa volta parzialmente bruciata come dichiarato dall’agente Francesco Paolo Maggi. È lui a prelevarla una seconda volta e a portarla — così riferisce — nella stanza di Arnaldo La Barbera, capo della Squadra Mobile di Palermo.
Da quel momento, sparisce di nuovo per mesi: solo tre mesi e mezzo dopo la Procura di Caltanissetta redige un verbale di apertura, primo atto ufficiale legato a quell’oggetto.
Un tempo morto. Un vuoto strategico.
Le versioni fornite da Ayala, Arcangioli, Farinella e Maggi divergono. Si sovrappongono, si contraddicono, si modificano nel tempo. E non sono mai davvero risolutive. Come se un muro invisibile avesse fermato ogni tentativo di accertare la verità. Come se quella borsa fosse passata attraverso una zona d’ombra inaccessibile alla giustizia.
Una verità negata
Oggi sappiamo con certezza una cosa: l’agenda rossa fu sottratta mentre i corpi delle vittime erano ancora caldi. A denunciarne per prima la scomparsa fu Agnese Borsellino, moglie del giudice, attraverso le parole di Antonino Caponnetto, appena sei giorni dopo la strage. Eppure, la risposta dello Stato fu il silenzio.
Solo nel 2005, tredici anni dopo, una telefonata anonima inviò una foto dimenticata alla redazione di AntimafiaDuemila. Da lì si riaprì il “caso”. Da lì iniziarono le ritrattazioni, i non ricordo, le verità selettive. E intanto sull’agenda rossa ancora regna il silenzio.
Non è bastato che la famiglia, i colleghi, i testimoni, indicassero da subito l’importanza di quell’agenda. Lo Stato ha deciso di non cercarla davvero. O, peggio, di nasconderla.
I buchi neri della ricostruzione
Non è chiaro chi prese realmente la borsa per primo, anche se la versione di Farinella sembra essere la più coerente.
Non è chiaro chi fosse l’ufficiale a cui Farinella la consegnò su indicazione di Ayala.
Non è chiaro dove sia stata portata da Arcangioli e cosa vi sia accaduto nel frattempo.
Non è chiaro come e quando sia stata reinserita nell’auto del giudice.
Non è chiaro se quella trovata da Maggi fosse la stessa borsa prelevata da Farinella, visto che era ora danneggiata.
Non è chiaro perché ci siano voluti tre mesi per redigere un verbale di apertura. Un ritardo che sembra essere un insabbiamento
Non è chiaro che fine abbia fatto l’agenda rossa.
Un’indagine che continua
A oggi, nessuno è stato condannato per la sottrazione dell’agenda rossa. Arcangioli, l’unico indagato, è stato prosciolto definitivamente. Non si sa se siano in corso nuove indagini. Ma ciò che è certo è che ogni tentativo di verità si è scontrato con muri istituzionali.
Alla luce di queste considerazioni sorge spontanea la domanda: sono in corso nuove indagini sulla sottrazione dell’agenda rossa?
L’autorità giudiziaria di Caltanissetta sta procedendo in questa direzione?
Guglielmo Bongiovanni
📚 Per non perdere nessun passaggio della nostra inchiesta sull’agenda rossa:
🔹La Borsa che cammina da sola (prima parte)
🔹La Borsa che cammina da sola (seconda parte)