
“Lo hanno visto. Lo ha detto. Ora lo ascoltano.”
La rimozione del nome scomodo
Sono passati più di trent’anni dalla strage di Capaci, eppure il nome di Stefano Delle Chiaie continua a provocare reazioni scomposte, silenzi imbarazzati e — ancora oggi — resistenze istituzionali. Ma ciò che una volta era considerato solo un’ipotesi marginale o una “fantasia” investigativa, oggi si rivela per quello che è: una pista reale, concreta, documentata.
A dimostrarlo è il lavoro portato avanti su www.luigiilardo.it, che in quattro articoli pubblicati tra il 2 giugno e il 23 luglio 2025 ha ricostruito un intreccio inquietante e trascurato per troppo tempo.



Quattro inchieste per ricostruire un’unica storia
Il primo articolo, intitolato “Stefano Delle Chiaie a Capaci?”, ha aperto una crepa nella narrazione ufficiale. Già nel secondo, “Il fantasma di Capaci: l’ombra nera di Stefano Delle Chiaie”, i contorni della storia si sono fatti più netti: informative ignorate, testimonianze rimosse, sopralluoghi oscuri nei pressi dell’autostrada. Con “Il fantasma nero di Capaci”, il quadro si è ampliato fino a includere la strategia della tensione e il ruolo dei servizi segreti, in un continuum che unisce le stragi degli anni Settanta a quelle del 1992–1993.
Ma è stato con l’ultimo contributo, pubblicato il 2 luglio 2025, che un elemento concreto e inedito ha scosso il silenzio: la testimonianza diretta del giornalista Giuseppe Martorana, ex cronista del Giornale di Sicilia, che ha riferito di aver visto personalmente Stefano Delle Chiaie in redazione a Palermo tra febbraio e marzo 1992, pochi mesi prima della strage di Capaci. L’estremista nero, fondatore di Avanguardia Nazionale, si era presentato per proporre un articolo e promuovere la nascita di un partito, la Lega Nazional Popolare.
La svolta: Martorana ascoltato dalla DIA
Nei giorni successivi alla pubblicazione di questa testimonianza, la DIA di Caltanissetta ha convocato ufficialmente Martorana per un interrogatorio durato circa un’ora. Un fatto significativo, che smentisce chi aveva decretato la fine della pista nera, e che oggi riporta al centro dell’inchiesta una figura cruciale.
Questa audizione, avvenuta in un clima di forte attenzione mediatica e giudiziaria, rappresenta una svolta investigativa nella ricerca della verità sulla strage di via d’Amelio. Non si tratta più di semplici suggestioni. È un fatto. Ed è un fatto che assume ancora più rilievo di fronte al processo in corso a Caltanissetta, che vede imputati l’ex brigadiere Walter Giustini e Maria Romeo, accusati — rispettivamente — di depistaggio e falsa testimonianza, proprio per aver parlato di Delle Chiaie e della sua presenza a Capaci.
Non si processa la menzogna, si processa la verità
Oggi più che mai, appare evidente che non è la pista nera a essere sotto processo, ma la volontà stessa di accertare una verità scomoda.
Per anni, si è cercato di archiviare questa pista. Di minimizzarla. Di ridicolizzarla. Ma grazie a fonti attendibili, informative trascurate, verbali secretati e testimonianze oculari rimaste inascoltate per decenni, il quadro che emerge è solido e coerente.
A testimoniarlo ci sono:
i nomi di Alberto Lo Cicero e Maria Romeo, che avevano riferito già nel 1992 della presenza di soggetti estranei a Cosa Nostra coinvolti nei preparativi dell’attentato;
informative come quella firmata dal capitano Gianfranco Cavallo, che già nell’ottobre 1992 indicava movimenti sospetti e collegamenti tra Delle Chiaie e ambienti mafiosi siciliani;
colloqui investigativi rimasti secretati per vent’anni, come quelli condotti dal sostituto procuratore Donadio nel 2007 e nel 2012;
e ora anche una testimonianza giornalistica diretta, circostanziata e difficilmente confutabile.
Una pista che non si può più ignorare
Oggi quella pista “impossibile” è di nuovo in campo.
E il tentativo di farla sparire si scontra con documenti, testimoni e verità mai sopite.
Come ricordava Luigi Ilardo prima di essere assassinato:
«Per capire le stragi del ’92–’93, bisogna capire le stragi degli anni ’70.»
E come ammoniva George Orwell, in una frase che sembra scritta per noi:
«Chi controlla il passato controlla il futuro. E chi controlla il presente controlla il passato.»
Chi vuole oggi riscrivere il passato?
Chi ha interesse a mettere sotto accusa chi ha parlato, e non ciò che è stato detto?
La memoria che resiste
Queste sono le domande che www.luigiilardo.it continuerà a porre.
Perché la storia delle stragi italiane non si può archiviare con un decreto di archiviazione.
E la verità non si cancella con un processo.
Guglielmo Bongiovanni