Due borse, zero verità – Come il giudice Scotto ha prosciolto Arcangioli
Inchiesta ispirata al video-documento pubblicato su YouTube e tratta dal nostro archivio di approfondimenti sulla scomparsa dell’agenda rossa di Paolo Borsellino
Le motivazioni del GUP Scotto: l’inizio di un proscioglimento annunciato
In questa nuova tappa della nostra inchiesta ci soffermiamo sulle motivazioni del GUP Paolo Scotto di Luzio, che il 1° aprile 2008 decretò il non luogo a procedere nei confronti di Giovanni Arcangioli, accusato del furto della borsa di Paolo Borsellino e della conseguente sparizione dell’agenda rossa. È uno snodo cruciale che chiude, giudiziariamente, un caso mai davvero chiarito. Ma che lascia, sotto il profilo logico e investigativo, più ombre che certezze.
Diversi fotogrammi tratti dall’inchiesta del movimento agende rosse in merito al furto dell’Agenda Rossa il cui video integrale è possibile visionarlo sotto alla fine del post
Due filmati, molte domande
La prima parte della motivazione si basa sull’analisi di due brevi filmati che mostrano il capitano Arcangioli in via D’Amelio, pochi minuti dopo la strage, mentre trasporta una borsa in pelle marrone nella mano sinistra. Indossa una pettorina azzurra con lo stemma dell’Arma e un marsupio nero alla vita.
Il primo filmato lo mostra a circa 25 metri dal luogo dell’esplosione. Il secondo lo immortala a 60-70 metri, all’angolo con via Autonomia Siciliana. In entrambi, Arcangioli ha la borsa in mano. L’ipotesi accusatoria è limpida: si sarebbe allontanato per aprire la borsa, sottrarre l’agenda e poi riposizionarla nell’auto, dove verrà poi raccolta dall’ispettore di polizia Francesco Paolo Maggi.
Scotto però considera quei filmati del tutto irrilevanti. La motivazione si affida a una nota della DIA del 7 settembre 2007 secondo la quale “non è neanche possibile stabilire il tempo reale trascorso tra le immagini”.
Ma questa nota è parzialmente smentita da una successiva informativa della DIA del 27 novembre 2007 che chiarisce: sì, è possibile stabilire la successione cronologica. Arcangioli si allontana dal punto dell’esplosione e percorre tutta la via, fino al termine.
Nonostante ciò, il giudice sentenzia:
“Quelle immagini non danno contezza del tempo in cui l’imputato avrebbe trattenuto la borsa, né dimostrano che questa contenesse l’agenda, né che l’abbia potuta manomettere senza essere visto.”
Saremmo stati tutti più felici se ci fosse stato un filmato in cui si vede Arcangioli che apre la borsa e occulta l’agenda rossa del giudice. Non saremmo qui a cercare la verità su uno degli episodi più inquietanti che si sono registrati quel pomeriggio del 19 luglio 1992 in via D’Amelio.
Ma, purtroppo, non è così!
Un’ironia tragica: le pretese di prova assoluta
Il dubbio più che fondato, e anche facilmente comprensibile da un punto di vista investigativo, è perché Arcangioli si allontanasse per 70 metri dal cratere dell’autobomba con una borsa in mano.
Dove stava andando? Per fare cosa? È un comportamento normale? O forse no? A chi portava la borsa?
Crediamo che siano domande che andrebbero approfondite.
La tesi della “seconda borsa”: tra assurdo e comico
Scotto fonda la sua motivazione su un presunto dato certo: il verbale dell’ispettore Francesco Paolo Maggi. Secondo il giudice, è Maggi il primo ad aver preso la borsa, consegnandola in questura il giorno stesso.
Dice Scotto:
“Gli unici dati certi circa una borsa appartenuta al magistrato ucciso sono costituiti dal verbale in cui si dà conto che veniva repertata, come priva di ogni rilievo investigativo, alla Procura della Repubblica di Caltanissetta il 5 novembre 1992”.
Ma questo presunto “dato certo” è viziato da diversi problemi:
- Il verbale di Maggi è redatto il 21 dicembre 1992, ben cinque mesi dopo i fatti;
- Maggi in seguito ha cambiato versione, raccontando di essere stato impegnato in altre operazioni prima di occuparsi della borsa;
- La cronologia dei movimenti lo smentisce: Farinella e Ayala arrivarono prima come abbiamo segnalato negli articoli precedenti
Se davvero la borsa è stata prelevata da Maggi il quale su ordine di Fassari la portò immediatamente in questura, senza ulteriori passaggi di mano, significa che la borsa che Arcangioli ha in mano dovrebbe essere un’altra. Il che implicherebbe che Paolo Borsellino avesse due borse identiche. Una tesi bizzarra. Un’ipotesi mai dimostrata, mai documentata, e assolutamente illogica. Ma che Scotto, senza dichiararlo esplicitamente, lascia intendere. Una borsa “alternativa” che spunta dal nulla e di cui nessuno, tranne Arcangioli, sembra sapere qualcosa.
Una logica che si smonta da sola
Scotto sottolinea che, secondo Maggi, la borsa era piena e pesante, lasciando intendere che l’agenda fosse ancora all’interno. Ma è noto che quella borsa era bagnata e bruciacchiata, e pesava per via dell’acqua gettata da un vigile del fuoco.
Nonostante tutto, per Scotto “gli unici dati certi” sono quelli contenuti in un verbale tardivo, contraddetto da molte altre testimonianze e non confermato nemmeno dai colleghi di Maggi.
Due omissioni non fanno una verità
Un ulteriore aspetto che avrebbe dovuto far insospettire Scotto, è il fatto che questa relazione di servizio fu redatta solo cinque mesi dopo la strage. Un tempo enorme.
Ma Scotto non solo non si insospettisce: utilizza questo particolare come un punto a favore di Arcangioli. Perché, argomenta Scotto, prendersela tanto con Arcangioli per non aver mai redatto una relazione di servizio, quando anche altri ci hanno messo cinque mesi per farne una?
Ma che modo di ragionare è?
Da quando in qua due mancanze si annullano fra loro?
E poi: Scotto è forse l’avvocato di parte di Arcangioli?
Non spetta certo al GUP stabilire l’innocenza dell’imputato, soprattutto quando questa è reclamata in modo così maldestro, cioè a fronte di possibili analoghi torti altrui.
Conclusione: l’agenda è scomparsa, i dubbi no
Il saggio prosegue e nei prossimi capitoli analizzeremo come il giudice Scotto arriverà a dichiarare il non luogo a procedere. Se ci è concesso, i dubbi rimangono — non tanto sulla colpevolezza o innocenza di Arcangioli, ormai definitivamente prosciolto — ma su una gestione della vicenda giudiziaria che solleva molte perplessità, e che sembra più tesa a non disturbare l’ordine costituito che a ricercare la verità.
Come se fosse stata l’agenda a essere di troppo. Non chi l’ha fatta sparire.
Guglielmo Bongiovanni
Il furto dell’Agenda Rossa di Paolo Borsellino
di Angelo Garavaglia Fragetta
Approfondisci: il dossier completo sull’agenda rossa
Vuoi conoscere tutta la storia della sparizione della borsa e dell’agenda di Paolo Borsellino? Leggi i capitoli precedenti del nostro dossier:
La Borsa che cammina da sola (prima parte)
La Borsa che cammina da sola (seconda parte)
La Borsa che cammina da sola (terza parte)
La Borsa che cammina da sola (quarta parte)