Dalla strategia della tensione alla strategia dell’attenzione
Una voce unica per cinquant’anni di dolore
In un Paese attraversato per oltre mezzo secolo da sangue innocente, depistaggi e verità negate, i familiari delle vittime delle stragi italiane – da Piazza Fontana a Capaci, passando per Bologna, Via D’Amelio, Ustica e il Rapido 904 – hanno deciso di unire le loro voci in un unico, corale appello rivolto al Presidente della Repubblica. La richiesta è chiara, forte, carica di dignità e dolore: essere ricevuti al Quirinale. Ma dietro questa domanda c’è molto di più.
È il Coordinamento nazionale delle associazioni e dei familiari delle vittime di stragi e attentati, nato nel dicembre del 2024, a farsi portavoce di questa istanza. Un organismo che raccoglie esperienze dolorose diversissime tra loro, ma segnate da un filo rosso comune: la consapevolezza che le stragi, nel nostro Paese, non sono state solo opera di mafie o gruppi terroristici, ma si sono spesso consumate sotto l’ombra lunga di uno Stato infedele, di apparati deviati, di verità negate e depistaggi costruiti a tavolino.






Stragi, depistaggi, sentenze inique: la denuncia
Le parole rivolte al Capo dello Stato non lasciano spazio a equivoci: “Tutte le stragi sono state caratterizzate da comportamenti di servitori infedeli dello Stato, esiti iniqui e contraddittori, depistaggi e indagini spesso rivelatesi fasulle.” È una denuncia lucida, ponderata, che arriva da chi ha vissuto sulla propria pelle l’umiliazione di processi inquinati, archiviazioni forzate, e la solitudine istituzionale che spesso ha seguito la morte dei propri cari.
Non solo memoria, ma vigilanza democratica
Il Coordinamento chiede che si smetta di relegare queste tragedie alla sola dimensione commemorativa. “La solidarietà, che non è mai mancata ma spesso espressa solo in occasione delle commemorazioni, potrebbe non essere più sufficiente”, scrivono, temendo che la memoria venga lentamente sepolta sotto il peso del tempo e della retorica. C’è il rischio concreto che, con il passare degli anni, si voglia archiviare anche ciò che resta ancora inspiegato, irrisolto, rimosso.
Ma i familiari non si limitano a chiedere attenzione. Offrono una visione, un’alternativa possibile: trasformare la rassegnazione in presidio civile, il dolore in vigilanza democratica. È questo lo spirito che anima il Coordinamento, che vuole farsi “strumento di consapevolezza”, capace di “identificare i tratti comuni delle trame che hanno tentato di allontanare la verità” e al tempo stesso contribuire alla difesa della legalità, a prescindere da ogni appartenenza o ideologia.
Le parole di Mattarella che hanno aperto i cuori
Nel testo della lettera, il Coordinamento richiama le parole pronunciate dal Presidente Mattarella il 9 maggio 2023, durante la Giornata della Memoria dedicata alle vittime del terrorismo e delle stragi. Fu un discorso che aprì “il cuore dei familiari”, capace di riconoscere pubblicamente la profondità del loro dolore e la legittimità delle loro domande.
Proprio a Mattarella – ultimo vero custode istituzionale della memoria repubblicana, uomo che conosce la ferita del lutto mafioso sulla propria famiglia – si chiede oggi di riconoscere formalmente questo Coordinamento. Di riceverlo, ascoltarlo, accoglierlo.
Il Coordinamento Nazionale: un progetto di coscienza collettiva
Le associazioni e familiari delle vittime hanno maturato il proposito di costituirsi in un Coordinamento nazionale, dove ogni soggetto rappresentato – pur mantenendo la propria identità e la specificità della vicenda vissuta – possa costruire un percorso comune. La finalità è duplice: da un lato, portare avanti la ricerca della verità e contrastare ogni forma di oblio o rimozione; dall’altro, costituire un presidio attento e permanente della democrazia e della legalità.
La formula scelta è potente: “Dalla strategia della tensione alla strategia dell’attenzione.” È un’inversione di paradigma, un ribaltamento culturale. Dove per anni si è costruita paura, instabilità e terrore per fini eversivi, oggi si chiede ascolto, responsabilità, presenza istituzionale. Non vendetta, ma memoria vigile e verità pubblica.
Il significato profondo della richiesta al Quirinale
La richiesta di incontro viene presentata come un atto simbolico e concreto: riconoscere il dolore, ma anche il ruolo attivo delle vittime nella difesa della democrazia. Un riconoscimento ufficiale da parte della più alta carica dello Stato sarebbe un segnale potente: non solo attenzione istituzionale, ma legittimazione piena del ruolo civile che questi familiari stanno svolgendo.
I firmatari: i volti della memoria
Non è un elenco, ma una geografia del dolore civile e del coraggio. Tra i promotori figurano:
• Paolo Bolognesi
Presidente dei familiari della strage di Bologna
• Salvatore Borsellino
Presidente Movimento Agende Rosse, fratello del magistrato Paolo Borsellino (Via D’Amelio)
• Sergio Amato
Figlio del giudice Mario Amato, ucciso dai NAR
• Nunzia e Flora Agostino
Sorelle dell’agente Nino Agostino, ucciso a Villagrazia di Carini
• Paola Caccia
Figlia del magistrato Bruno Caccia, ucciso a Torino dalla ’ndrangheta
• Giuseppa e Tommaso Catalano
Fratelli dell’agente Agostino Catalano, vittima di Via D’Amelio
• Daniele Gabrielli
Vicepresidente Associazione vittime di Via dei Georgofili
• Roberta Gatani
Nipote del magistrato Paolo Borsellino, ucciso in Via D’Amelio
• Luana Ilardo
Figlia di Luigi Ilardo, ucciso a Catania mentre stava per collaborare con la giustizia
• Angela e Gianluca Manca
Madre e fratello dell’urologo Attilio Manca, ucciso dalla mafia
• Rosaria Manzo
Presidente Associazione vittime del Rapido 904
• Manlio Milani
Presidente Associazione Piazza della Loggia
• Brizio e Donata Montinaro
Fratello e sorella dell’agente Antonio Montinaro, ucciso a Capaci
• Nino Morana
Nipote dell’agente Nino Agostino, ucciso a Villagrazia di Carini
• Stefano e Nunzia Mormile
Fratello e sorella dell’educatore carcerario Umberto Mormile, ucciso dalla ’ndrangheta
• Federico Sinicato
Presidente Associazione Piazza Fontana
• Franco Sirotti
Fratello di Silver Sirotti, vittima del Treno Italicus