Il grande Imbroglio: l’inchiesta di Ennio Remondino

Il grande imbroglio – CIA, P2 e l’inchiesta dimenticata Una verità che affonda nelle radici più oscure della Repubblica

Mancano pochi giorni alla ricorrenza della morte di Giovanni Falcone di sua moglie e degli agenti di scorta e per ricordarlo siamo partiti da lontano.

Estate 1990. L’Italia è distratta dai Mondiali, ma sul TG1 va in onda qualcosa che scuote le fondamenta del sistema: una serie di reportage firmati da Ennio Remondino e Roberto Morrione che svelano legami indicibili tra la loggia P2, la CIA, il traffico d’armi, con la politica italiana, la loggia P2 ed anche livelli più nascosti come Gladio fino all’omicidio del premier svedese Olof Palme. Di questa inchiesta passata nel dimenticatoio nazionale vi abbiamo voluto postare il servizio sotto.

Dal nostro modesto punto di vista l’inchiesta, se vista oggi, non è solo un’esplosione del passato. Potrebbe essere un crocevia di eventi che ancora oggi cercano giustizia a cominciare dall’evento che ha segnato la storia della nostra Repubblica il rapimento e l’uccisione dell’on. Aldo Moro.

Le connessioni: Falcone, Capaci e Addaura

Il filo nero che emerge da questa inchiesta porterebbe dritto a Cosa nostra, ai servizi segreti, e ai silenzi che hanno preceduto e accompagnato la stagione delle stragi.

Tra pochi giorni ricorre il trentatreesimo anno della morte di Giovanni Falcone di sua moglie e degli agenti di scorta: 23 maggio 1992-23 maggio 2025.

Nel ritornare con il pensiero in quel luogo di morte e di sangue mi è venuto in mente il fallito attentato all’Addaura, nel 1989, contro Giovanni Falcone che, verosimilmente, non fu un atto isolato. Falcone si trovava lì insieme a Carla Del Ponte, sua collega svizzera. Un’esplosione evitata per miracolo.

Ma di cosa discussero Falcone e Del Ponte?

Ancora oggi nessuno lo sa, e Del Ponte rifiuta, a quando si racconta e si dice, di parlarne pubblicamente.

Forse Falcone seguiva la pista dei soldi che la Cia inviava alla P2 di Licio Gelli per scoprire la verità?

Potrebbe essere questa la motivazione che portò Falcone ad incontrare la Del Ponte?

Si potrebbe leggere anche in questo contesto la strage dove perse la vita Falcone, sua moglie e gli agenti di scorta?

   Mi viene in mente la strage di Capaci, tre anni dopo, che non può essere letta fuori dal contesto internazionale descritto da Remondino. Un contesto fatto di destabilizzazione, coperture, e poteri bui.

Come è stato scritto e riscritto risulta noto che Falcone si recò, prima di essere brutalmente ucciso a Capaci, in America per indagini sulle quali, forse, nulla si sa perché nessuno ha mai approfondito la vicenda.

 Mi viene in mente il caso Genchi.

Perché la procura di Caltanissetta, a quanto pare, negò all’ex funzionario di polizia, licenziato e che all’epoca indagava sulle stragi del 1992, di fare accertamenti sulle movimentazioni delle carte di credito in uso a Giovanni Falcone?

Mi viene in mente se si sia mai indagato sulle manomissioni del computer di Falcone, manomissioni peraltro confermate dallo stesso Genchi.

L’inchiesta di Remondino tira fuori anche il nome di don Tano, alias Gaetano Badalementi, il boss di Cinisi, personaggio di spicco all’interno di Cosa nostra negli anni che precedettero l’avvento dei corleonesi di Riina e Provenzano.     

Badalamenti mi porta dietro al suicidio dubbio di un carabiniere a cui venne impedito di parlare con don Tano Badalamenti che aveva chiesto di parlare con lo stesso ufficiale dell’arma.

Forse Badalamenti voleva pentirsi?  

L’inchiesta che anticipò tutto

Remondino con la sua inchiesta che abbiamo voluto postare per i nostri lettori in questo post, portò alla luce connessioni internazionali, finanziamenti occulti, manipolazioni strategiche, e una “super P2” ancora attiva.

Tra i documenti raccolti, nomi di finanzieri, uomini NATO, servizi deviati, e legami concreti con la mafia. Tra questi, spunta anche il nome di Badalamenti, che Pazienza, pare che abbia detto, di aver conosciuto.

Un mondo sommerso che nessuno ha voluto davvero portare a galla. Un mondo in cui terrorismo, mafia, intelligence e politica internazionale si stringono la mano.

I nomi del panorama italiano che emergono sono i soliti: Licio Gelli, Ortolani, Pazienza coinvolto in molti scandali e inchieste giudiziarie, faccendiere legato ad ambienti dei servizi segreti coinvolto anche nello scandalo del Banco Ambrosiano.

E oggi?

Per capire l’oggi bisogna conoscere il passato perché molti attori cambiano ma lo scenario sembra restare immutabile.

Oggi, quella verità torna a bussare. Lo fa attraverso le immagini, i verbali, i documenti dell’epoca. Lo fa con la forza di un giornalismo che non si è piegato.

E noi vogliamo riaccendere i riflettori. 

Perché questa non è archeologia: è presente. È futuro.