Un Omicidio Politico

La Procura di Palermo riapre l’inchiesta sull’omicidio di Piersanti Mattarella. La pista mafiosa sempre riprendere quota. Accusati Antonino Madonia e Giuseppe Lucchese. Sembra svanire nel nulla la matrice terroristica mafiosa

Da quando abbiamo appreso dalle cronache della carta stampata pare che la procura della Repubblica di Palermo abbia riaperto l’inchiesta sull’omicidio dell’allora presidente della regione Sicilia, Piersanti Mattarella, ucciso a Palermo nel lontano 6 gennaio del 1980.

Non c’è ne voglia la magistratura ma da quel giorno sono trascorsi 45 anni, troppo tempo, quasi mezzo secolo, non riusciamo a capirne il senso ma restiamo sempre fiduciosi nell’operato della magistratura.

La novità, se ci permettete il termine, “procedurale”, della quale ci preme scrivere in questa dolorosa vicenda, che tra le altre cose pone numerosi interrogativi, consiste che oggi, a distanza di 45 anni da quel 6 gennaio del 1980, veniamo a conoscere che dietro quel barbaro omicidio ci sta una nuova pista che sarebbe solo quella mafiosa.

A quanto ci viene raccontato i due nuovi indiziati dell’omicidio Mattarella sarebbero Antonino Madonia[1] e Giuseppe Lucchese[2]

Due uomini d’onore importanti, due sicari spietati, specialmente il Madonia, condannato per svariati omicidi tra cui anche quello ai danni del giudice istruttore Rocco Chinnici.

Del resto, com’è noto, i due terroristi neri, accusati di essere stati gli autori materiali dell’omicidio del Presidente della regione siciliana, Giusva Fioravanti[3] e Gilberto Cavallini[4], ex Nar, sono stati assolti in via definitiva, quindi non possono essere più processati per lo stesso reato.

Com’è altrettanto noto per l’omicidio di Piersanti Mattarella, avvenuto nel territorio che rientra nel mandamento di Resuttana, governato da Francesco Madonia, (il padre di Antonino Madonia) sono stati riconosciuti colpevoli in qualità di mandanti diversi membri di Cosa nostra. Tra questi, anche Salvatore Riina, Bernardo Provenzano e Francesco Madonia

Quindi, in altri termini, pare che dietro l’uccisione del presidente della Regione siciliana ci sia solo Cosa nostra essendo venuta meno la cosiddetta “pista nera”.

Fatta questa necessaria premessa per chiarire il contesto processuale ai più giovani che, del resto, quegli anni non li hanno vissuti vorremmo puntualizzare alcuni dati e fornire una chiave di lettura su quella tragica vicenda che gettò nello sconforto non solo la Sicilia ma l’intera Italia.

In primis quella parte di Cosa nostra di cui faceva parte Madonia e Lucchese era una mafia legata al terrorismo nero e quindi al di là degli esecutori materiali ci sembra davvero difficile, se non impossibile, non inquadrare l’omicidio Mattarella come un omicidio “politico-mafioso”

Il secondo dato che vorremmo porre all’attenzione dei nostri lettori che ci porta a sostenere con forza che l’omicidio di Mattarella non è stato solo un omicidio di mafia ma anche e soprattutto un omicidio politico è costituito dal fatto che non si sono mai conosciuti i killer mafiosi che hanno messo a tacere per sempre il presidente della regione Sicilia.

Questo aspetto della vicenda venne messo in chiaro dallo stesso giudice Falcone sentito in Commissione antimafia il 22 giugno del 1990 il cui verbale è stato reso libero e consultabile e da cui sono tratte le citazioni del giudice Falcone.

Ebbene, Falcone senza mezzi termini in merito ebbe a dire, secondo il racconto che gli riferì Tommaso Buscetta che trovandosi in permesso a Palermo, nel marzo del 1980, a pochi mesi dall’uccisione del presidente Mattarella,

“chiese a Michele Greco cosa fosse accaduto e come risposta ricevette che non si sapeva cosa fosse esattamente accaduto”

Falcone, all’epoca titolare dell’inchiesta sulla morte di Mattarella, a cui poi si aggiunsero anche i filoni investigativi sull’omicidio dell’onorevole comunista Pio La Torre e del segretario provinciale della Dc di Palermo, Michele Reina, passati alla storia come i cosiddetti “omicidi politici”, non ebbe nessuna esitazione nel concludere dinnanzi ai commissari della Commissione antimafia che

“tutto ciò era assolutamente incompatibile con una vicenda interna a Cosa nostra di enorme gravità”

Si eliminava il presidente della regione Sicilia, l’erede di Aldo Moro, e nessuno sapeva cosa fosse successo e chi avesse ordinato quell’omicidio?

Onestamente ci sembra davvero difficile credere a tutto ciò!

Il giudice Falcone risulterà ancora più chiaro quando aggiunse che per “l’omicidio Mattarella”, come confermò Buscetta al magistrato siciliano se

“fossero stati utilizzati killer mafiosi, in due secondi chiunque all’interno di Cosa nostra avrebbe saputo chi aveva ordinato l’omicidio del presidente Mattarella”

Certamente Cosa nostra era concorde nell’eliminazione di Mattarella

“su quell’omicidio vi era una concordia di fondo di tutta la Commissione sull’eliminazione di questo personaggio, nel senso che non interessava a tutti più di tanto che rimanesse in vita”

ebbe a dire Falcone che precisò che nel

“momento più acuto della crisi[5] che poi sarebbe sfociata l’anno successivo in una guerra di mafia molto cruenta ognuno aveva paura di fare il primo passo”

Non temiamo di essere smentiti nel poter affermare che anche un semplice cittadino siciliano che abbia vissuto gli anni ’80 e ’90 in Sicilia sapeva benissimo che all’interno di Cosa nostra era fondamentale conoscere l’identità dei killer perché in base a quello si delineava la responsabilità della famiglia mafiosa del territorio in cui questo omicidio è avvenuto.

Nel delitto Mattarella i killer mafiosi non c’erano affatto: questo dato è stato confermato da tutti i pentiti a partire dal noto Tommasino Buscetta.

L’ennesimo dato che ci fa propendere per un delitto politico mafiso e che poniamo all’attenzione dei nostri lettori e che ci ha lasciato davvero increduli ci è dato dalla deposizione della signora Mattarella, Irma Chiazzese, che nel processo che si celebrava a Palermo ha fornito la descrizione del giovane che sparò a suo marito e un nome e cognome: Giusva Fioravanti, l’ex militante dei Nar, gruppo di estrema destra, condannato in via definitiva per la strage della stazione di Bologna del 2 agosto del 1980.

Ricordiamo ancora per dovere di cronaca che Valerio Giusva Fioravanti e Gilberto Cavallini sono stati assolti in via definitiva dall’accusa di essere stati gli autori materiali dell’omicidio del presidente Mattarella e non potranno più essere processati per quella vicenda.

Vi è la sensazione che Falcone avesse capito tutto su quello che era accaduto quella maledetta domenica delle Palme del 6 gennaio del 1980 e che si era cercato in tutti i modi di impedire di perseguire la componente “nera”, la componente della P2 è quella di Gladio nell’omicidio Mattarella

Questo forse era il motivo che spinse Giovanni Falcone al punto di non voler firmare, cosa che poi fece, la requisitoria sui delitti politici che rigurdavano l’omicidio Mattarella, Pio La Torre e Michele Reina?

Sono numerosi gli elementi che ci fanno propondere a classificare il delitto Mattarella un delitto politico di questo scriveremo nel prossimo approfondimento:

Moro, Mattarella e la strage di Bologna legati da una strategia comune….

…Continua con la pista nera nel delitto Mattarella

Guglielmo Bongiovanni

[1] Antonino Madonia, detto anche Nino (Palermo, 14 settembre 1952), è un mafioso italiano boss mafioso della famiglia di Resuttana e condannato a 7 ergastoli come responsabile di vari omicidi. Fedele alleato dei corleonesi di Totò Riina. È il responsabile materiale di numerosi delitti: quello del medico chirurgo Sebastiano Bosio; quello del Segretario regionale del PCI e parlamentare Pio La Torre e del suo collaboratore Rosario Di Salvo; la strage della circonvallazione, in cui vennero massacrati il boss detenuto Alfio Ferlito insieme ai tre carabinieri della scorta, Salvatore Raiti, Silvano Franzolin e Luigi Di Barca, e all’autista civile Giuseppe Di Lavore; quello del prefetto di Palermo Carlo Alberto dalla Chiesa, assassinato insieme alla moglie Emanuela Setti Carraro e all’agente di scorta Domenico Russo; la strage di via Giuseppe Pipitone Federico, in cui morirono il capo dell’ufficio istruzione del Tribunale di Palermo, il giudice Rocco Chinnici, i due carabinieri di scorta (il maresciallo Mario Trapassi e l’appuntato Salvatore Bartolotta) e il portiere dello stabile in cui il giudice abitava, Stefano Li Sacchi, fatti saltare in aria con un’autobomba imbottita di tritolo; quello del Vice Capo della Squadra Mobile di Palermo Ninni Cassarà, assassinato insieme all’agente di polizia e suo collaboratore Roberto Antiochia. La strage di Pizzolungo, che aveva come obiettivo il giudice Carlo Palermo, il quale rimase illeso, ma che uccise gli innocenti Barbara Rizzo e i figli Giuseppe e Salvatore Asta, gemelli di 6 anni.

[2] Giuseppe Lucchese soprannominato Lucchiseddu Partecipò all’assassinio del vicebrigadiere Antonino Burrafato, del vice questore Ninni Cassarà e del commissario Beppe Montana. Il pentito Vincenzo Sinagra lo indica come esecutore materiale dell’omicidio del boss di Roccella Giuseppe Abbate.

[3] Giuseppe Valerio Fioravanti detto Giusva (Rovereto, 28 marzo 1958) è un ex terrorista italiano, esponente del gruppo eversivo Nuclei Armati Rivoluzionari, d’ispirazione neofascista (anche se la propria appartenenza a questa ideologia sarà da lui respinta). All’epoca era considerato uno dei più pericolosi terroristi italiani. Dopo una breve carriera di attore che gli diede notorietà alla fine degli anni sessanta, incominciò la militanza politica nel Movimento Sociale Italiano e, intorno alla metà degli anni settanta, decise di abbracciare la lotta armata fondando i NAR, sodalizio con cui sarà protagonista di una stagione di violenze terminata solo con il suo arresto, avvenuto a Padova, il 5 febbraio del 1981. Processato e riconosciuto colpevole di diversi reati, tra cui l’omicidio di 95 persone (85 nella strage di Bologna — da lui negata — più altri 8, di cui 4 come esecutore materiale con altri, di cui si riconobbe colpevole), venne condannato, complessivamente, a 8 ergastoli, 134 anni e 8 mesi di reclusione. Non si è mai pentito dei reati commessi, sebbene abbia incontrato alcuni parenti delle vittime. Nel luglio del 1999 (dopo 18 anni anziché 20) ottiene la semi-libertà e nel 2004 la liberazione condizionale. Nell’aprile del 2009, dopo 26 anni di carcere, 5 di libertà vigilata e a 31 dall’arresto, è completamente libero dalla pena cumulativa come previsto dalla legge Gozzini. Durante il periodo della lotta armata era soprannominato il Tenente.

[4] Gilberto Cavallini, detto Gigi e soprannominato il Negro (Milano, è un ex terrorista italiano, esponente del gruppo eversivo d’ispirazione neofascista Nuclei Armati Rivoluzionari (NAR). È stato arrestato il 12 settembre 1983 a Milano ed accusato di vari reati riguardanti l’attività terroristica del gruppo, tra cui l’uccisione del sostituto procuratore Mario Amato, assassinato a Roma il 23 giugno 1980, e la strage di Bologna. È stato condannato a nove ergastoli e attualmente è detenuto a Terni, in regime di semilibertà provvisoria

[5] Crisi che poi sfociò nella cosiddetta seconda guerra di mafia che si fa risalire al 23 aprile del 1981 quando venne ucciso Stefano Bontate, il principe di Villagrazia, che segna l’inizio dell’ascesa dei corleonesi di Totò Riina ai vertici di Cosa nostra

Fonti: I video sono stati estratti dalla puntata del programma condotto da Corrado Augias su La7 “La torre di Babele” che ha mandato in onda una puntata speciale “Magma” affrontando la vicenda relativa all’omicidio di Piersanti Mattarella

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